L'eredità di Adamowicz

di Matteo Tacconi

Nella notte tra il 13 e il 14 gennaio di un anno fa moriva Paweł Adamowicz, il sindaco di Danzica. Moriva nella sua città, durante il tradizionale concerto-raccolta fondi annuale della Wielka Orkiestra Świątecznej Pomocy, la più grande associazione di beneficenza polacca. Moriva per delle coltellate al petto inferte da Stefan W. (il cognome resta non svelato per questioni processuali), salito sul palco durante il concerto mentre Adamowicz stava parlando. Un corsa in ospedale, inutile: quei colpi si rivelarono fatali.

Nei giorni scorsi la città di Danzica ha commemorato Adamowicz con una serie di eventi molto partecipati. Il suo assassinio è un evento che non si scorda; non è facile colmare il vuoto per la perdita di una personalità tanto amata e popolare, a detta di molti un ottimo interprete di un certo “spirito di Danzica”. Un’idea di città, di Polonia e di Europa, vale a dire, fondata su libertà, apertura, dialogo, tolleranza, memoria e democrazia. Un’idea cara ai liberali polacchi, di cui Adamowicz era un esponente di primo piano, sempre più rispettato a livello nazionale. E sempre più criticato, di contro, dall’altro lato della barricata. In questi anni di durissimo confronto politico tra liberali e populisti, questi ultimi vedevano nella Danzica di Adamowicz qualcosa di alieno, diverso, quasi non polacco.

Nei mesi scorsi sono stato a Danzica e ho avuto modo di parlare dell’eredità e del percorso politico di Adamowicz con Mikołaj Chrzan e Basil Kerski. Il primo è un giornalista di Gazeta Wyborcza che per anni ha coordinato l’edizione di Danzica. Il secondo è il direttore del Centro europeo Solidarność, il grande museo sulla storia del movimento, nato a Danzica nell’agosto del 1980, che liberò la Polonia dal comunismo. Il Centro è stato fortemente voluto proprio da Adamowicz, che di Solidarność fu militante. In occasione dell’anniversario della sua scomparsa riporto le discussioni avute con Chrzan e Kerski.


“Euro 2012, svolta per Danzica e per Adamowicz”

Mikołaj Chrzan, lei come giornalista ha seguito tutta la carriera di Paweł Adamowicz, eletto sindaco per la prima volta nel 1998. Che tipo di città era Danzica a quel tempo? Come è cambiata nel corso degli anni, e in che misura Adamowicz ha contribuito a questo cambiamento?
Sul finire degli anni Novanta Danzica era molto diversa da oggi. Era una delle grandi città polacche, sì, ma non un centro di prima fascia. C’era l’eredità di Solidarność e poco altro. I cantieri navali e le altre industrie erano in piena crisi, la disoccupazione era elevata. Oggi Danzica ha un’economia vivace, di servizi e turismo. È molto visitata, è meglio collegata con il resto del Paese e con l’Europa, attira nuovi abitanti. Tutto questo lo dobbiamo al sindaco Adamowicz e alla sua grande intuizione: portare qui gli Europei di calcio del 2012, organizzati da Polonia e Ucraina. Si prodigò moltissimo, e con successo, per fare di Danzica una delle quattro città ospitanti polacche, insieme a Varsavia, Poznań e Breslavia. Riuscì a vincere la concorrenza di Cracovia, e non era affatto scontato.

Ottenuta l’assegnazione, la città ha iniziato a calamitare fondi e attenzioni. Abbiamo modernizzato i trasporti pubblici, reso più breve e rapido il tragitto stradale e ferroviario con Varsavia, potenziato l’aeroporto, aumentato l’offerta alberghiera, costruito un nuovo stadio e la nuova fiera. Ed è cambiato anche il centro storico. Prima di Euro 2012 era poco frequentato; oggi è pieno di turisti, locali, ristoranti. Per me, Euro 2012 è la pietra miliare della carriera di sindaco di Adamowicz.

Mikołaj Chrzan e Paweł Adamowicz in elicottero. Foto di Monika Wojda

Mikołaj Chrzan e Paweł Adamowicz in elicottero. Foto di Monika Wojda

C’è per caso una relazione tra il cambiamento della città e le posizioni sempre più “liberal”, per esempio sulle minoranze sessuali e sui migranti, assunte da Adamowicz negli ultimi anni?
Sì, ed è una storia affascinante da raccontare. Quindici anni fa Paweł Adamowicz aveva un’attitudine politica più conservatrice. Non era contro i migranti, né contro gli omosessuali. Ma era vicino alla Chiesa cattolica, alle sue gerarchie. Per via di Euro 2012 iniziò a girare molto in Europa. Convegni, dibattiti, incontri. Entrò in contatto con la grande politica europea e vide per esempio che i valori conservatori europei sono diversi da quelli polacchi. Constatò che partiti quali la Cdu in Germania, per dire, sono molto aperti verso gli stranieri e le minoranze sessuali. In quegli anni Adamowicz osservò e studiò il liberalismo europeo, spostandosi più a sinistra rispetto al punto da cui era partito e trasformandosi in un politico di vedute molto liberali. È diventato un faro, ha favorito questa grande apertura liberale di Danzica e di tutta la Pomerania (la regione baltica di cui Danzica è capoluogo, nda). Nel 2017 diede il patrocinio al Gay Pride e nel 2018 vi prese personalmente parte, per esempio. E sui migranti si disse pronto ad accogliere alcune famiglie. Per questo, fu attaccato dalla destra e dai media governativi, televisione di Stato in testa.

Nel 2015 i populisti di Jarosław Kaczyński hanno vinto le elezioni. Lo spostamento a sinistra di Adamowicz è dipeso anche dal loro ritorno al potere?
Non lo so. Posso dire però che il suo mandato 2014-2018 è stato il migliore, e anche quello in cui ha subito più attacchi. Per le sue posizioni, è diventato bersaglio di una campagna sporca. Sono stati anni di conflitti, di violente offensive da parte della destra. Ma è anche stato un periodo in cui, proprio per via di questi contrasti, Adamowicz è diventato più forte, un oratore pubblico brillante, diversissimo da quindici anni prima. Sono sicuro che se non fosse stato assassinato sarebbe diventato un candidato per una carica di livello in Polonia, forse per quella di premier.

Qual è l’eredità di Adamowicz?
È la Danzica liberale, la Danzica di Solidarność, della nonviolenza e del dialogo, dell’unità e della libertà, del rispetto tenuto conto delle differenze. Penso che anche per un non liberale questi valori debbano tracciare la via, e credo che sia questo il lascito di Adamowicz. Quando andava all’estero era solito presentarsi dicendo: «Sono di Danzica, la città di Solidarność e della libertà». Lo trovavo curioso, buffo. Beh, ora anche io quando vado fuori mi introduco allo stesso modo: «Sono di Danzica, la città di Solidarność e della libertà».



“Un sindaco di Solidarność”

Basil Kerski, lei dirige il Centro europeo Solidarność, sicuramente un simbolo dell’eredità di Adamowicz. Qual era la relazione tra il sindaco e il movimento fondato da Lech Wałęsa?
Adamowicz nacque nel 1965. Dunque era troppo giovane per prendere parte alla prima Solidarność, quella del 1980-1981. Ma fu protagonista della seconda Solidarność, nel 1988-1989, come leader studentesco e organizzatore degli scioperi del 1988. Partecipò poi al processo di transizione e alla costruzione della democrazia. Lo fece attivamente, dato che nel 1990 fu eletto consigliere municipale. Nel 1998 divenne sindaco, confermandosi alla guida della città in ogni successiva elezione, fino a quella del 2018.

Adamowicz ha sempre cercato di tradurre in politica i valori che per Solidarność erano fondamentali. Penso al dialogo con i nostri vicini e all’immigrazione. Danzica è sul Baltico, un “mare nostrum” per tedeschi, polacchi, scandinavi, russi. Adamowicz ha praticato una politica di vicinato, aperta, con tutti: anche con la Russia, un partner sicuramente difficile. Ma Danzica è anche una città dove vive gente con origini lituane e ucraine, o che fa parte della minoranza casciuba. Questo vissuto plurale ha motivato la presa di posizione del sindaco sull’immigrazione quando in Europa e in Polonia è scoppiata la bagarre intorno a questo tema. Adamowicz non ha risparmiato critiche all’attuale governo, ostile all’accoglienza. Da credente cattolico pensava che questa postura rigida fosse contraria ai valori cristiani.

Basil Kerski e Paweł Adamowicz / Foto Gazeta Wyborcza

Basil Kerski e Paweł Adamowicz / Foto Gazeta Wyborcza

In che modo al Centro europeo Solidarność coltivate i valori che ispirarono il movimento? E perché il sindaco Adamowicz ha voluto creare questo posto?
Paweł Adamowicz viaggiò per la prima volta a Berlino alla metà degli anni Novanta. Si sentì frustrato perché vide che la memoria del 1989 era concentrata solamente sul fattore Muro e sulla sua caduta, che non veniva vista per ciò che realmente fu, e cioè un evento legato a una dinamica iniziata molto prima: a Danzica per l’esattezza, nell’agosto del 1980. Gli operai dei cantieri navali, con l’appoggio degli intellettuali polacchi, organizzarono uno dei più grandi scioperi mai tenutisi nella storia del comunismo. Al termine nacque il sindacato Solidarność, un’organizzazione indipendente dal regime, che riuscì ad avere dieci milioni di iscritti. Un numero sensazionale. Il leader era Lech Wałęsa. Solidarność fu uno shock per il comunismo. Di fatto i lavoratori, auto-organizzandosi, dissero al regime, teoricamente nato per tutelare il lavoro, che non rappresentava i loro interessi. Solo una società democratica e pluralistica poteva farlo: questo era il messaggio di Solidarność. Un messaggio che ispirò cecoslovacchi, ungheresi e tedeschi dell’est a lottare per la libertà. Sfortunatamente, in molte parti dell’Europa i grandi protagonisti di Solidarność sono stati un po’ dimenticati. Adamowicz pensò che in questo museo dovesse esserci una narrazione alternativa a quella predominante.

Ma questo Centro non è solo un posto per commemorare. Adamowicz comprese che l’integrazione europea e la democrazia hanno bisogno ogni giorno di educazione, impegno, reazioni e competenza, e così combinò la necessità della memoria con quella di avere un luogo che faciliti l’incontro tra chi si sente responsabile per la democrazia. Ed è quello che noi qui promuoviamo, con dibattiti, seminari, riflessioni. L’obiettivo è il futuro. Dobbiamo chiederci cosa significa oggi, in Polonia e in Europa, creare società fondate sulla solidarietà. Siamo un museo, ma anche uno spazio pubblico che ha una prospettiva critica verso gli sviluppi sociali che non favoriscono la democrazia e il pluralismo.

Danzica è una città la cui memoria ruota intorno ai due grandi anniversari del Novecento: lo scoppio della Seconda guerra mondiale, il primo settembre 1939, e la nascita di Solidarność. Possiamo dire che l’omicidio Adamowicz costituisce un terzo anniversario cardinale nella storia della città?
Adamowicz è stato il primo ufficiale eletto polacco a essere ucciso per ragioni politiche (l’attentatore al momento dell’accoltellamento gridò parole piene d’odio, simili a quelle girate in rete in questi anni, nda). Il suo omicidio è stato un evento drammatico, e il funerale si è trasformato in una protesta nonviolenta contro l’odio e il populismo. I due anniversari del Novecento sono importanti per Danzica, ma lo è altrettanto quello della morte di Adamowicz.

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