Václav #70

1 - 15 maggio

In Europa centrale continua a tenere banco la questione energetica, con i Paesi di Visegrád (V4) nuovamente divisi sull’embargo al petrolio russo e forse in cerca di nuove maggioranze variabili al loro interno. Ormai da mesi l’unità dei V4 è in discussione, ma su vari temi continuano a crearsi convergenze trasversali che però escludono sempre almeno uno dei membri.

Sempre legato all’invasione russa dell’Ucraina, anche il tema dell’accoglienza ai rifugiati con spiacevoli distinguo in arrivo da Polonia e Repubblica Ceca.

Nel frattempo, il governo slovacco sembra di nuovo sull’orlo del precipizio mentre quello ceco cerca di stabilire definitivamente la sua linea e identità politica aspettando la fine della cadenza del Presidente della Repubblica Zeman che si trova su posizioni decisamente distanti da quelle dell’attuale esecutivo.

Per il resto, il solito occhio di riguardo alla cronaca politica per capire cosa si muove nei governi di Praga, Bratislava, Budapest e Varsavia, ma anche spazio a notizie culturali e di costume con una breve, ma gustosa, Terza Pagina.

Buona lettura!


V4, V3, V0

Ne abbiamo già parlato nelle precedenti edizioni di Václav, la tenuta del gruppo di Visegrád è stata messa a dura prova dagli sconvolgimenti geopolitici dell’area seguiti all’invasione russa dell’Ucraina.

Mentre la Polonia, già colpita dalla chiusura dei rubinetti di Gazprom, sta aprendo con forza a un percorso di autonomia energetica dalla Russia, gli altri Paesi dei V4 sono molto più prudenti sulla questione e al momento contrari alla proposta Ue di embargo totale sul petrolio russo. Per un quadro generale della questione rimandiamo anche a questo articolo di Euronews.

Per quanto riguarda nello specifico la Slovacchia, le ragioni del no sono da ricercare nel fatto che Bratislava dipende completamente dal petrolio russo: l’unica fonte di l’approvvigionamento di greggio è fornito dall’oleodotto Druzhba, e non c’è la possibilità di far arrivare il petrolio via mare. Inoltre l’unica raffineria del Paese è in grado di processare solo il tipo di greggio proveniente dalla Russia. Ne scrive lo Slovak Spectator

Il Washington Post riporta le parole dall’Ungheria del premier Orbán che avrebbe definito le sanzioni “un'arma nucleare” contro la sicurezza energetica del suo paese. Secondo Orbán, la loro approvazione comporterebbe una "riorganizzazione completa" dell'attuale infrastruttura  di approvvigionamento petrolifero e capacità di raffinazione  e chiede per questo ingenti finanziamenti, che arriverebbero tramite il piano energetico dell'Ue REPower di prossima approvazione, e un periodo di cinque anni di esenzione. La Commissione Ue è disposta a concederne solo due. Secondo Reuters in tal modo Orbán vuole garantire alla Mol, l'azienda petrolifera ungherese, che ha grandi interessi in tutta la regione, di continuare a macinare profitti avvantaggiandosi della differenza di prezzo tra l'Ural, il petrolio russo che tratta nei suoi impianti, e il Brent.

Allo stesso tempo, la crisi offre a Orbán l'opportunità per negoziare da una posizione di forza sui fondi Next Generation ancora in stand by per il braccio di ferro sullo stato di diritto. Come racconta Politico, a poco sono servite la visita a sorpresa a Budapest della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e la telefonata di Emmanuel Macron a inizio settimana. Si sta verificando lo scenario più temuto, dice Le Monde con la perdità di compattezza dell'Unione europea nella contrapposizione con Mosca.

Meno melodrammatica, ma nella stessa direzione, la decisione del governo della Repubblica Ceca, che chiede almeno un rinvio di due o tre anni sulla decisione in modo da implementare soluzioni alternative. Il ministro dell’Industria e del commercio di Praga, Jozef Síkela, ha dichiarato che le attuali riserve del Paese garantirebbero un’autonomia di soli 92 giorni, un margine impossibile per potere votare con tranquillità un embargo. Lo riporta Radio Prague.

La Polonia invece, come già accennato, sta iniziando a diversificare le forniture di gas naturale con l'obiettivo di essere indipendente dal gas russo entro l'autunno. Il primo passo è stata l'inaugurazione del Gipl, un gasdotto di raccordo con la Lituania, entrato in funzione il 1° maggio. Lo riferisce Euractiv. Il secondo sarà l'ultimazione del Baltic Pipe, un gasdotto che porterebbe nel Paese gas proveniente dalla Norvegia: se ne riparlerà, forse, per fine settembre. Intanto, Varsavia ha bandito di propria iniziativa anche le importazioni di carbone russo.

Insomma, dopo l’asse V3 che escludeva l’Ungheria per le sue posizioni defilate sulla condanna all’invasione russa, ne appare un altro variabile che esclude la Polonia. C’è il rischio che l’alleanza di Visegrád tramonti definitivamente? Probabilmente no, ma la sua frammentazione interna le impedirà di essere quel quasi naturale contrappeso regionale al tandem franco-tedesco che è stata finora. D'altra parte, Budapest e Varsavia sanno di dover ancora continuare a a fare affidamento reciproco per difendersi dalle accuse sullo stato di diritto. Ma i due Paesi non vedono al mondo allo stesso modo.

Ursula von der Leyen a colloquio con Viktor Orbán durante il loro ultimo incontro a Budapest. Foto di Mti.

Polonia

Rifugiati ucraini: presenze e lavoro
Dall'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, la Polonia avrebbe accolto almeno 3,2 milioni di persone fuggite dal conflitto. Sono stime delle Nazioni Unite e corrisponderebbero all'8% della popolazione polacca. Tuttavia, come spiega una lunga analisi di Notes from Poland, è molto difficile dire quanti profughi ucraini oggi vivano in Polonia. Molti di loro vi sono solo transitati per poi trovare accoglienza in altri Paesi europei, altri sono rientrati in Ucraina nelle ultime settimane, con lo spostamento del fronte nel Donbass e lungo le sponde del Mar Nero. Un dato ufficiale riguarda l'occupazione: 102mila rifugiati ucraini - il 75% di loro sono donne - hanno trovato un lavoro in Polonia fra l'ultima settimana di febbraio e la prima di maggio. Lo riferisce Euractiv.

A scuola in ucraino
Molte delle donne giunte in Polonia dall'Ucraina sono anche madri, arrivate con i propri figli. La stragrande maggioranza di questi bambini e ragazzi ora studia nelle scuole polacche, in tanti casi con comprensibili difficoltà di adattamento linguistico e culturale. Tuttavia, il 10 maggio a Cracovia ha aperto una scuola elementare che consente agli studenti ucraini sfuggiti alla guerra di continuare a studiare nella propria lingua e di seguire il programma scolastico nazionale. Per il momento conta 200 alunni e la Ong che la gestisce ha avviato un'iniziativa simile a Varsavia. L'obiettivo è non interrompere i legami di questi bambini con la loro madrepatria, nella speranza che possano presto tornarvi e riprendervi la propria vita d'un tempo. La storia su Notes from Poland.

Il diritto negato
Un aspetto negativo dell'accoglienza riservata dalla Polonia alle donne ucraine riguarda un diritto negato: la possibilità di abortire. In Polonia è infatti in vigore la legislazione più restrittiva d'Europa sulle interruzioni di gravidanza e per le rifugiate ucraine non sono consentite eccezioni. Questo significa che donne provenienti da un Paese nel quale l'aborto è legale nelle prime 12 settimane di gravidanza e i metodi contraccettivi sono acquistabili senza prescrizione medica si ritrovano in una realtà completamente diversa. In Polonia si può abortire legalmente solo in pochissime eccezioni e l'accesso a medicinali anticoncezionali è sempre più difficoltoso. Molte rifugiate ucraine - spesso fuggite da traumi di guerra o violenze sessuali - non sono a conoscenza di tali limitazioni ai loro diritti. Sono quindi costrette a contattare Ong polacche come Federa o Aborcyjny Dream Team per capire come e dove portare a termine interruzioni di gravidanza. L'inchiesta del Guardian.

Sentimenti anti-russi
Il 9 maggio l'ambasciatore russo a Varsavia, Sergej Andreev, è stato duramente contestato da alcuni manifestanti mentre commemorava i caduti sovietici a un cimitero di guerra della capitale polacca in occasione del 'Giorno della Vittoria'. Pur circondato da un ingente servizio di sicurezza, Andreev è stato colpito da un lancio di vernice rossa mentre la folla attorno a lui urlava 'Fascisti, fascisti' in segno di protesta contro l'invasione russa dell'Ucraina. Via Associated Press.

Il ministero degli Esteri polacco, Zbigniew Rau, ha subito condannato l'accaduto, ma le sue scuse non sono bastate al Cremlino che ne ha approfittato per intensificare lo scontro diplomatico con Varsavia.

Intanto Kafkadesk fa luce su un aspetto meno discusso legato alla guerra voluta da Putin ai danni dell'Ucraina. Riguarda le ripercussioni subite da alcuni residenti russi in Polonia. In meno di tre mesi circa 50 casi di discriminazione verso queste persone sono stati riportati a un centro di Varsavia specializzato nel monitorare comportamenti razzisti e xenofobi. L'aspetto paradossale della vicenda è che tanti cittadini russi (e bielorussi) vittime di questi brutti episodi si trovano in Polonia proprio perché fuggiti dai loro Paesi natii per motivi politici.

Świątek trionfa a Roma

Sconfiggendo con un doppio 6-2 la tunisina Ons Jabeur, domenica 15 maggio la polacca Iga Świątek si è aggiudicata il torneo Wta 1000 sulla terra rossa di Roma. Un successo che parte da lontano per l’attuale numero uno del mondo e vincitrice a sorpresa del Roland Garros 2020. Quest’anno Świątek ha una striscia aperta di 28 vittorie consecutive nel circuito femminile con cinque titoli conquistati e sembra non avervi rivali, specie dopo il ritiro dall'attività agonistica dell’australiana Ashleigh Barty. La tennista polacca diviene a questo punto la principale candidata ad aggiudicarsi proprio l’imminente nuova edizione del torneo dello Slam parigino, sempre su terra rossa, in programma a partire dal 22 maggio. Qui un video con i momenti salienti della finale del Foro Italico.


Ungheria

Tempesta diplomatica sul mare ungherese 
Nel corso della sua tradizionale lunga intervista in radio del venerdì, il premier Viktor Orbán, volendo enfatizzare l'impossibilità ungherese di diversificare le forniture di petrolio via mare, ha affermato: «Avevamo lo sbocco al mare, ma ci è stato tolto», con riferimento ai territori, ora appartenenti alla Repubblica di Croazia, persi dal Regno d'Ungheria al termine della Prima guerra mondiale. Come racconta Bloomberg, la frase ha scatenato le ire del mondo politico croato, da destra a sinistra. Il ministero degli Esteri di Zagabria ha convocato l’ambasciatore ungherese. I toni sono stati presto smorzati dal premier croato Andrej Plenković in nome dei buoni rapporti tra i due Paesi e della loro felice integrazione energetica con la Mol, azienda nazionale ungherese dell’energia, che detiene dal 2009 la maggioranza delle azioni della sua gemella croata Ina.

La conferenza dei conservatori americani a Budapest
Sono in corso gli ultimi preparativi a Budapest per l'evento europeo della Conservative political action conference, Cpac, l'annuale conferenza degli attivisti conservatori americani. Avrà luogo il 19 e 20 maggio. Oratore principale sarà Orbán. Assieme a lui interverranno Candace Owens, influencer dell'ex presidente Trump, Tucker Carlson, volto principale di Fox News, il senatore repubblicano Rick Santorum, personaggi di spicco della destra dell'Europa centrale come l’ex presidente e primo ministro ceco Václav Klaus, e molti leader del sovranismo europeo quali il britannico Nigel Farage o il leader degli spagnoli di Vox, Santiago Abascal.

L'evento, presentato da Portfolio.hu, è il suggello ai buoni rapporti che Orbán ha intessuto nel tempo con gli ultraconservatori americani, iniziati con la fruttuosissima collaborazione, che risale già al 2008, con Arthur Finkelstein, guru delle campagne elettorali dell'ultradestra. La conferenza, secondo New Republic incoronerà Orbán campione sovranista europeo ora che la guerra in Ucraina costringe molti ad abbandonare il ruolo di riferimento rivestito da Putin. È Orbán a fornire la "dolce dopamina autocratica", esente da genocidi, crimini di guerra e corpi in decomposizione che i repubblicani cercano. La frase è del Morning Shots.

Pellegrini ebrei respinti
Ogni anno migliaia di ebrei di tutto il mondo si ritrovano a Bodrogkeresztúr, un villaggio ungherese di 1276 abitanti non lontano da Tokaj, per rendere omaggio alla tomba del rabbino miracoloso Steiner Szajè, morto nel 1925. Il pellegrinaggio di quest'anno è stato ostacolato da un dipendente della compagnia aerea tedesca Lufthansa, che ha impedito a un numeroso gruppo di ebrei chassidici americani, in transito a Francoforte, di proseguire il loro viaggio perchè in molti si sono rifiutati di indossare la mascherina protettiva. Lufthansa con un comunicato si scusa per non aver lasciato a terra solo i riottosi e sottolinea la lontananza da qualsiasi forma di razzismo, antisemitismo o discriminazione. La notizia è riportata sul Jewish Telegraphic Agency

Il pellegrinaggio sulle tombe dei rabbini magici, anche in tempi di pandemia, è stato oggetto di un nostro recente longform.

L'hockey ungherese fa gol
Arrivando seconda dietro la Slovenia nel gruppo A del  Campionato del mondo di Hockey Divisione 1, svoltosi a Lubiana, l'Ungheria si è aggiudicata il diritto di partecipare ai Mondiali élite 2023. Quasi contestualmente è stata anche annunciata la forte candidatura comune di Ungheria e Slovenia a ospitare l'evento, con il nuovo Mvm Dome di Budapest, inaugurato a gennaio di quest'anno e con una capacità dichiarata di 19182 spettatori, come sede di un gruppo eliminatorio e della Final Four del torneo. Sarebbe una prima volta assoluta per l'Ungheria, che non ha mai visto i mondali maggiori in casa e che è  tornata a qualificarsi nel gruppo Elite solo nel 2008, dopo ben 69 anni dall’ultima partecipazione.

Il buon momento dell'hockey ungherese è evidenziato anche dalla finale della Ice Hockey League, il campionato interregionale tra squadre austriache, italiane, slovene, raggiunta quest'anno dal Sapa AV19 di Székesfehérvár. Via Ihf.com.


Slovacchia

Coalizione di governo in di crisi
A distanza di un anno dal terremoto politico che portò alle dimissioni di Igor Matovič e al rimpasto di governo, la coalizione di maggioranza si trova a dover affrontare una nuova crisi, che vede SaS (Libertà e Solidarietà) contrapporsi agli alleati Ol’ano (Gente comune e personalità indipendenti) e Sme Rodina (Noi siamo famiglia). A scatenarla principalmente due eventi. Il primo riguarda l’ex primo ministro Robert Fico (Smer-Direzione Socialdemocrazia), oggi all’opposizione. Già nello scorso numero di Václav, avevamo accennato all’indagine giudiziaria che lo vede coinvolto insieme all’ex compagno di partito e ministro dell’Interno Robert Kaliňák. A inizio maggio il parlamento si è espresso sulla richiesta di custodia cautelare per l’ex premier. Il provvedimento non è passato per soli due voti. Decisive l’astensione di due membri di Ol’ano, e dei deputati di Sme Rodina. L’esito del voto ha scatenato l’ira di Richard Sulik, ministro dell’Economia e presidente di Sas «Ol’ano non può più parlare di lotta alla corruzione» ha dichiarato, aggiungendo che Sme Rodina ha fatto fallire la battaglia anti-corruzione e anti-Fico portata avanti da Sas. La vicenda raccontata su East Journal da Andrea Rapino. 

L’altro punto di scontro riguarda l’introduzione di un pacchetto di misure per aiutare le famiglie colpite dall’aumento dei prezzi. Anche qui la coalizione è in disaccordo. Sme rodina, Ol’ano e Za L’udì (Per la gente) sono a favore, SaS invece è contrario. Secondo l’analista politico Grigorij Mesežnikov, esiste la possibilità che possa portare alla fine di questa esperienza di governo. Lo riporta lo Slovak Spectator

Zelensky agli slovacchi
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è recentemente intervenuto in videochiamata con il parlamento slovacco, come già fatto in passato con altre assemblee di Paesi europei. Zelensky ha ringraziato per il sostegno ricevuto dalla Slovacchia sia dal punto di vista umanitario che da quello militare: «Sarebbe una cosa buona se altri Paesi in Europa e nel mondo impassero da voi», ha dichiarato.

Inevitabile il passaggio sulle sanzioni, nel momento in cui Bratislava tira il freno sull’embargo al petrolio russo, a causa della sua forte dipendenza da Mosca. Zelensky ha dichiarato di comprendere la difficoltà, ma ha sottolineato la necessità di fare questo passo, che aiuterebbe la Slovacchia a ottenere l’indipendenza energetica da Mosca. Infine non è mancato un monito: «Se non le fermiamo, le truppe russe arriveranno fino a dove sarà loro possibile. Anche in Slovacchia». A margine del discorso, va registrata l’assenza dall’aula dell’ex primo ministro Robert Fico, fortemente polemico proprio nei confronti di Zelensky. Ne scrivono Slovak Spectator ed Euractiv

In caso di guerra
Come si comporterebbero gli slovacchi nel caso in cui il conflitto raggiungesse il loro Paese? Lo rivela un questionario condotto dall’agenzia Focus (non indicando quale Stato sarebbe il potenziale aggressore). Il 32% degli intervistati ha risposto che lascerebbe la Slovacchia, mentre il 48% ha dichiarato che resterebbe nel Paese, ma senza prendere parte ai combattimenti. Solo il 13% resterebbe per combattere. Da Kafkadesk

Ucraina, l’impegno militare slovacco
La Slovacchia continua a essere impegnata un prima linea sul fronte del sostegno militare all’Ucraina. L’impresa statale Konštrukta-Defence ha stretto un accordo con il governo di Kiev per riparare i suoi mezzi blindati. Finora Bratislava ha già stanziato 130 milioni di euro per supportare la difesa del paese confinante aggredito dalla Russia. Ora è stato approvato un nuovo pacchetto di aiuti per 2 milioni di euro in equipaggiamento militare, e poche settimane fa è stato fornito il sistema di difesa S-300. Ora sul tavolo è tornata d’attualità la questione dei Mig- 29. La Slovacchia è intenzionata da tempo a disfarsi dei vecchi jet di fabbricazione russa, e potrebbe cederli proprio all’Ucraina. Il problema è che la sua difesa aerea rimarrebbe sguarnita fino all’arrivo degli F16 acquistati dagli Stati Uniti, quindi fino al 2024.

Una mano in questo senso potrebbe arrivare dalla Polonia, che si è detta disponibile a inviare i suoi arei nei cieli slovacchi per presidiarne la salvaguardia. La storia su Buongiorno Slovacchia.

Stop al gas russo, no degli slovacchi
L’idea di un immediato stop al gas russo non piace agli slovacchi. Lo rivela un sondaggio dell’agenzia Focus secondo il quale il 60% degli intervistati si è dichiarato contrario a questa eventualità, il 25% è a favore di un graduale distacco, mentre solo il 7% si è dichiarato per uno sganciamento immediato. Il risultato è anche uno specchio delle preferenze politiche. I meno propensi a staccarsi dal gas russo sono gli elettori di Smer-Direzione Democrazia. I più favorevoli sono i liberali di Ol’Ano. Ne scrive Euractiv

La visita di Jill Biden
La first lady statunitense Jill Biden ha visitato la Slovacchia nei giorni precedenti al suo viaggio in Ucraina. Biden ha voluto recarsi al confine slovacco - ucraino di Vyšné Nemecké per passare l’8 maggio, festa della mamma insieme alle “madri” ucraine. Arrivata il giorno prima a Bratislava, si era recata a rendere omaggio al memoriale dedicato al giornalista investigativo Ján Kuciak e alla sua sua fidanzata Martina Kušnirova, assassinati nel 2018. Dopo la visita in Ucraina, Jill Biden è tornata in Slovacchia dove ha concluso il suo viaggio incontrando la presidente Zuzana Čaputová. Un incontro cordiale, in cui è stata espressa la condivisione degli stessi valori da parte dei Paesi da loro rappresentati. Il racconto su Buongiorno Slovacchia


Repubblica Ceca

Distinguo sui rifugiati
Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, la Repubblica Ceca ha accolto più di 300mila rifugiati in arrivo da Kiev. Perlopiù persone di cultura e lingua ucraina, ma non mancano altri cittadini di passaporto ucraino e provenienza diversa o appartenenti alla minoranza romani. Su questi ultimi in particolare si è espresso il presidente della Repubblica, Miloš Zeman, non nuovo a uscite intempestive. Ha dichiarato di considerare i rifugiati di origine rom come “migranti economici” e quindi da trattare diversamente rispetto ai rifugiati di guerra che, secondo lui, in quanto tali prevedono prima o poi di tornare in patria. Le parole di Zeman hanno causato indignazione, ma hanno anche aperto il dibattito sulle circa 400mila persone di etnia romani residenti in Ucraina e per le quali potrebbe essere più difficile accedere allo status di rifugiati. Il resoconto su Kafkadesk.

Al tavolo della Nato con il tema Finlandia
Un incontro informale dei ministri degli Esteri dei Paesi Nato è previsto per il 15 e 16 maggio a Berlino per iniziare ad affrontare il tema dell’adesione di Finlandia e Svezia al patto atlantico. A rappresentare la Repubblica Ceca, il ministro Jan Lipavský, membro dell’ancora relativamente giovane esecutivo insediatosi a Praga dopo le ultime elezioni. Ne dà notizia Radio Praga.

700 giorni di inflazione
La Banca Centrale di Praga ha un nuovo presidente. Si chiama Aleš Michl e ha ricevuto la nomina dal presidente Zeman lo scorso 11 maggio. Il compito del nuovo arrivato non sarà facile dal momento che la principale preoccupazione monetaria ceca è quella di riportare l’inflazione al tasso standard del 2% rispetto al 15% raggiunto negli ultimi mesi a causa degli effetti macroeconomici dell’invasione russa dell’Ucraina. Michl si è comunque detto ottimista sulla possibilità di rientrare nella quota standard entro i prossimi due anni. Su Radio Praga.

Pompieri su Taiwan
Più volte su Václav, abbiamo dato notizia degli screzi a bassa intensità tra Repubblica Ceca e Cina sul tema di Taiwan, con le aperture del sindaco di Praga malviste da Pechino e visite ufficiali a Taipei da parte di rappresentanti delle istituzioni ceche. Il governo Fiala da poco insediatosi a Praga sembra voler continuare in questo rapporto di tensione di fatto smantellando il lavoro di avvicinamento alla Cina portato avanti dal presidente della repubblica Zeman. L’attuale ministro degli Esteri ceco Lipavský ha speso parole docili verso Taiwan, facendo riferimento a un comune rispetto dei diritti umani, ma ha smentito categoricamente le voci secondo cui la diplomazia boema sarebbe pronta a cambiare il nome della sua ambasciata usando il nome -inviso alla Cina continentale- di Taiwan. Mossa compiuta invece dalla Lituania e che ha portato a bruschi confronti sull’asse Pechino-Vilnius. Se ne parla su Asianews.


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Terza Pagina

L'Eurovision d'Oltrecortina
Il festival musiciale si chiamava Intervision, in una sorta di impacciato omaggio all'Internazionale socialista, ma anche in contraltare all'Eurovision la cui prima edizione si svolse nel '56 e al quale i Paesi oltre l'allora Cortina di Ferro non parteciparono per 35 anni. Intervision venne creato nel 1977 e si svolse solamente per quattro edizioni, sino al 1980, tutte tenutesi in Polonia. Questo festival rimpiazzò brevemente il Festival della canzone di Sopot - una sorta di Sanremo della Polonia socialista - e fu un tentativo durato poco di porsi come alternativa d'Oltrecortina all'Eurovision. Intervision era aperto anche ad alcuni musicisti e gruppi occidentali, ma le prime tre edizioni della kermesse vennero vinte da artisti provenienti da Cecoslovacchia, Unione Sovietica e Polonia. Solo l'ultima rassegna svoltasi a Sopot se la aggiudicò una cantante finlandese, Marion Rung. Nel 2014 la Russia avrebbe voluto fare ripartire Intervision - spostandolo a Sochi - con l'intenzione di boicottare Eurovision e la sua dichiarata apertura ad artisti Lgbtq+, ma il piano di Putin non decollò. Una vicenda raccontata da Euronews.

Bobby Farrell, il leader nativo di Aruba del gruppo tedesco occidentale Boney M durante la sua esibizione a Sopot. La tv polacca lo trasmise in differita per potere tagliare dalle trasmissioni la canzone ‘Rasputin’, scritta sulla base dell’inno dell’Urss. Foto di Stefan Kraszewski per Pap.

Il segreto delle porcellane Herend
A Herend, a pochi chilometri da Vesprém, nella regione ungherese della Transdanubia, si producono da quasi due secoli alcune delle porcellane più ricercate d'Europa. Hanno fatto belle mostra di sè sulla tavola di Francesco Giuseppe e della regina Vittoria, di Ronald Reagan e di Benedetto XVI, e dell'ultimo re di Thailandia. Figuravano anche nel 2011 tra i regali giunti per le nozze  tra il duca di Cambridge, William, e Kate Middleton. Come racconta alla Faz l'amministratore delegato Attila Simon, l'azienda gode ancor oggi di ottima salute. Uno dei segreti del successo è il fatto che i circa 700 dipendenti sono anche comproprietari dell'azienda. I salari sono raddoppiati negli ultimi anni e dividendi, arrivati al 6%, sono stati distribuiti integralmente anche durante il picco della pandemia.

A spasso tra i monti
Una passerella pedonale di 721 metri di lunghezza e situata a 1100 metri circa di altitudine è quello che i cittadini e visitatori della regione della Moravia potranno godersi da oggi dopo l’avvenuta inaugurazione di quello che è stato chiamato Sky Bridge 721. Un gioiellino di ingegneria pronto ad attirare curiosi e turisti e che avrà l’onore di portare in Repubblica Ceca un nuovo Guinness dei Primati, quello del ponte sospeso pedonale più lungo al mondo, finora detenuto dal ponte Baglung Parbat costruito in Nepal. Ne dà notizia la Cnn.

Una foto del ponte Bridge 721 appena inaugurato in Moravia, nella Repubblica Ceca orientale.

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