Václav #67

23 febbraio - 25 marzo

È passato ormai un mese dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Un mese denso di avvenimenti, intrecci e storie che hanno inevitabilmente coinvolto anche i quattro paesi dell’Europa centrale di cui abitualmente ci occupiamo. In un mese è cambiato il mondo ed è cambiata, forse per sempre, anche la cosiddetta area Visegrád. Il sodalizio inscindibile tra Polonia e Ungheria sembra essersi spaccato sulla posizione da assumere nei confronti della crisi. Da una parte Varsavia rivendica il ruolo di capofila dei falchi sul fianco esterno della Nato e Praga sembra decisa a seguirne la scia. In posizione più defilata la Slovacchia, mentre Viktor Orbán, in prossimità delle elezioni parlamentari in programma il 3 aprile permette il dispiegamento dei soldati Nato sul suolo ungherese, ma si rifiuta di fornire supporto militare diretto. 

Per raccontarvi al meglio la guerra vista da Visegrád abbiamo deciso di aprire il Václav 67 con due focus tematici: uno sulla visita a Kiev del terzetto composto da Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia. Il secondo dedicato alla grande sfida che investe prima di tutto i paesi confinanti con l’Ucraina, quella dell’accoglienza ai rifugiati. A seguire, le sezioni nazionali.

Buona lettura


Missione a Kiev


Supporto militare e accoglienza ai rifugiati. Nelle prime settimane del conflitto si è declinato in questo modo il supporto dei Paesi dell’Europa centrale, pur con il distinguo del’Ungheria che ha deciso di non inviare armi.  A partire dalla metà di marzo è emersa la necessità di assumere un maggior impegno politico. Può essere spiegato in questo modo il viaggio in Ucraina dei tre capi di governo di Slovenia, Repubblica Ceca e Polonia per incontrare il presidente Volodymyr Zelens'kij. Una mossa che ha colto di sorpresa tutti gli osservatori, compresi quelli dei Paesi da cui sono partite delegazioni così importanti. In Polonia, la notizia ha fatto ancora più scalpore dal momento che il premier Mateusz Morawiecki è partito in compagnia del vicepremier, nonché eminenza grigia di Diritto e Giustizia, Jarosław Kaczyński. La presenza di Kaczyński ha destato preoccupazioni (pensando a quanto successo a Smolensk nel 2010) e ironie, ma ha anche aperto molte domande a cui ha provato a rispondere il nostro Fabio Turco con un lungo thread su Twitter. Andrew Higgins sul New York Times ha scritto un editoriale in cui si chiede approfonditamente quali siano le mosse che il leader plenipotenziario del partito di governo abbia in mente per sé e per Varsavia.

Alla spedizione ha partecipato anche il neo primo ministro ceco Petr Fiala, tra i quattro probabilmente la figura più moderata. Fiala ha dichiarato che in questo momento quello di cui gli ucraini necessitano di più sono le armi. «Gli ucraini stanno combattendo in modo incredibilmente coraggioso - ha detto -, lo fanno in modo intelligente e strategico, ma hanno una possibilità contro il grande vantaggio della Russia solo se i Paesi europei li riforniranno con sufficiente equipaggiamento militare». Lo riporta la Reuters.

Al viaggio ha marcato visita il premier slovacco Eduard Heger. Pur essendo stato invitato a partecipare,  ha declinato dopo essersi consultato con i servizi segreti di Bratislava. Troppo alti i rischi per la sua sicurezza e forse minori le motivazioni politiche o pre-elettorali a fare parte della sortita.  

Va comunque evidenziato che Heger appoggia la causa ucraina sin dall'inizio dell'aggressione decisa da Vladimir Putin e senza ambiguità - al contrario del premier ungherese Viktor Orbán. Già il 27 febbraio in un'intervista a Politico, il primo ministro slovacco auspicava un ingresso accelerato di Kiev nell'Unione europea. 

Il premier slovacco era inoltre appena rientrato in patria dopo un incontro con Papa Francesco, la sua prima visita ufficiale in Vaticano, nel quale i due hanno pregato per la pace in Europa, come riferito da Heger sui suoi profili social. Il resoconto della tre giorni romana del primo ministro su Buongiorno Slovacchia

Assume invece un peso specifico maggiore l’assenza di Viktor Orbán, che nell’ultimo mese è finito in una posizione scomoda. Come scrive Stefano Bottoni per Agi il premier magiaro si è trovato «stretto tra la pressione occidentale di conformarsi alla posizione comune dell'Ue e l'aspettativa russa di essere difesi», Orbán ha sorpreso molti dimostrandosi fedele alle alleanze internazionali, partecipando alle sanzioni Ue e agli aiuti militari decisi in sede Nato all'Ucraina pur dichiarando la sua opposizione al coinvolgimento diretto di propri mezzi o uomini. Orbán ha ribadito la sua posizione davanti alla gran folla di sostenitori radunatasi in occasione della festa nazionale del 15 marzo a Kossuth tér, la piazza del parlamento. Lo racconta il Guardian.  Nel suo intervento ha paragonato l'Europa centrale a una scacchiera nel gioco tra grandi potenze, in cui l'Ungheria deve fare i propri interessi come Russia e Ucraina guardano ai rispettivi interessi.

Per qualcuno è già apertamente un cambiamento di rotta. Secondo la Nbc ad esempio "la Russia ha perso il suo piu fedele alleato in Europa”. Va fatto comunque notare come nei primi cinque giorni di conflitto in Ucraina i media statali ungheresi hanno usato per 431 volte l'espressione "operazione militare speciale". Solo dopo nelle sue prime dichiarazioni ufficiali Orbán ha parlato di guerra e condannato l'aggressione russa all'Ucraina. Il sito di inchiesta Direkt36  ricostruisce la storia dello strette relazioni tra Putin e Orbán che da convinto atlantista ha poi incontrato ben 11 volte il leader russo, a partire dal 2009, quando incominciava a preparare il terreno del suo lungo governo. Due le pietre miliari del loro rapporto: nel 2013 la decisione di assegnare senza pubblica gara  la costruzione dei due nuovi reattori della centrale nucleare di Paks alla russa Rosatom, e nel 2019 il trasferimento a Budapest della sede della IIB, Banca di investimenti internazionale, ex istituto finanziario del Comecon. A questa operazione seguì l'accusa di aver fornito passaporti diplomatici a sospetti agenti dei servizi russi.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky insieme alla delegazione dei premier di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia. (foto dalla pagine web del governo sloveno)


La sfida dei rifugiati

Il conflitto in Ucraina si è configurato da subito come una catastrofe umanitaria con pochi precedenti. A poco meno di un mese dall’inizio dell’invasione russa le persone che hanno lasciato il Paese sono 3,3 milioni, e il flusso si è naturalmente diretto verso gli stati confinanti. Il principale Paese di destinazione è di transito è la Polonia. Secondo i dati riportati da Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati, le persone arrivate sono circa due milioni. 

Difficile stimare quanti di loro abbiano fatto soltanto tappa qui con l’obiettivo di spostarsi altrove in Europa e quanti invece sono rimasti nel Paese. Altrettanto difficile è stimare oggi quanti di questi rifugiati vi progettino stabilmente la propria vita e quanti invece aspettino solo di poter tornare nelle proprie case. 

Il senso di solidarietà della popolazione polacca verso i vicini è diffuso a tutti i livelli e ha coinvolto in primis associazioni e privati cittadini mentre l’intervento delle istituzioni si è attivato solo in un secondo momento.  Secondo un sondaggio riportato da Notes from Poland, più del 95% delle persone in Polonia è favorevole all’accoglienza. Quelli apertamente contrari si attestano su un risibile 4% del campione. 

La rivista progressista statunitense The Nation ospita a questo proposito un editoriale che pone la domanda fondamentale: la buona volontà delle persone sarà sufficiente ad assorbire l’ondata di rifugiati?

A opporsi all’accoglienza è solo il 3% della popolazione, riconducibile in parte all’elettorato di Konfederacja, il cartello politico nazionalconservatore che raccoglie sigle della destra ultraliberista e ultranazionalista il cui candidato alla presidenza della repubblica – Krzysztof Bosak – aveva ottenuto circa il 10% dei voti la scorsa primavera. Konfederacja in passato ha tenuto posizioni anti-ucraine in politica estera facendo leva sulle frizioni storiche legate alle vicende accadute in Volinia durante la seconda guerra mondiale e nelle quali il condottiero ucraino Stepan Bandera condusse azioni di guerra contro la popolazione polacca locale. Nella situazione attuale, i politici di Konfederacja sostengono che alcune misure in favore dei rifugiati, come per esempio l’accesso gratuito a servizi di prima necessità, sia un privilegio negato ai cittadini polacchi. La conferenza stampa indetta dal loro gruppo parlamentare per spiegare le proprie ragioni è andata tuttavia deserta a causa della protesta dei cronisti di fronte a quella che hanno trovato poco più di una provocazione di cattivo gusto. Lo scrive Notes from Poland.  

La grande e commovente mobilitazione con cui persone e istituzioni polacche hanno dato vita a un sistema di solidarietà verso i rifugiati ucraini è una pagina di grande vanto per la Polonia, ma la cosa non può nascondere -e anzi accentua- le differenze di comportamento rispetto alla precedente crisi di rifugiati. Quella avvenuta, e in parte ancora in corso, al confine condiviso tra Polonia e Bielorussia. In quell’occasione, Varsavia ha usato il pugno di ferro attuando respingimenti duri e ostacolando le associazioni di volontari che erano arrivate in soccorso delle persone intrappolate nel bosco. Ancora oggi, la guardia di frontiera polacca usa la differenza tra migranti e rifugiati come giustificazione del diverso comportamento, ma le associazioni coinvolte - in un’intervista ad Al Jazeera - fanno notare l’ipocrisia di fondo della situazione.

Sono finora solo 2300 gli ucraini che hanno chiesto asilo in Ungheria, a fronte degli oltre 300mila, stima dell'Unhcr, che hanno passato il confine. La stragrande maggioranza dei profughi ​​è, difatti, solo in transito verso Germania, Italia e altri Paesi occidentali. Altri appartengono alla minoranza ungherese della Transcarpazia e godono di doppio passaporto. Le agenzie umanitarie accolgono con favore il fatto che il governo non rifiuti l'accoglienza,  ma lamentano che la leggi ungheresi hanno reso quasi del tutto impossibile il riconoscimento dello status di rifugiato, via Le Monde. Al confine intanto è splendida la risposta delle associazioni di volontariato ungheresi, che hanno rimesso in piedi la macchina degli aiuti già rodata dalla crisi migratoria del 2015. Arriva dal punto di confine di Beregsurány il videoreportage del Guardian.

Continua a crescere il numero di rifugiati ucraini approdati in Slovacchia. Secondo i dati forniti dall'Onu, al 18 marzo sono 235mila le persone che hanno varcato il confine ucraino-slovacco in tre settimane di guerra e migliaia continuano a farlo ogni giorno. 

Un rapporto pubblicato il 14 marzo da Medici senza frontiere fa il punto sulla situazione a Uzhhorod, città ucraina di 100mila abitanti a cinque chilometri dalla frontiera slovacca. È divenuta un punto di incontro e raccolta per le persone in fuga dal conflitto, mettendo a dura prova le strutture d'accoglienza e sanitarie locali. Il 70% delle persone che riescono a varcare il confine con la Slovacchia lo fanno dal vicino valico di Vyšné Nemecké, mentre il restante 30% attraversa la frontiera a Ubla e Slemense, perlopiù a piedi e dopo lunghe attese. Arrivati nell'Ue, stremati sia fisicamente che psicologicamente, i rifugiati vengono accolti da volontari delle Ong supportati da membri dalla comunità ucraina presente in Slovacchia. La sfida, a quel punto, diviene trovare loro una sistemazione provvisoria sul posto e poi fargli raggiungere altre parti d'Europa.

Come riferisce Buongiorno Slovacchia, solo negli ultimi giorni il governo di Bratislava ha iniziato a creare una rete di strutture d'accoglienza per chi arriva dall'Ucraina. Dopo i centri aperti a Humenné e a Michalovce, una terza struttura di grande capacità per offrire un alloggio temporaneo alle persone in transito per il Paese è stata inaugurata il 21 marzo a Nitra.

Fra i profughi ucraini arrivati in Slovacchia in fuga dalla guerra vi è anche un bambino la cui storia ha fatto il giro del mondo. Si chiama Hassan, ha undici anni, e ha percorso 1200 chilometri in solitaria - prima in treno e poi a piedi - partendo dalla città di Zaporizhzhia (dove si trova una centrale nucleare attaccata dai russi), poiché sua madre non poteva abbandonarvi sua nonna, che ha seri problemi di salute. Hassan ha varcato il confine slovacco l'8 marzo portando con sé solo il passaporto, una busta di plastica, uno zainetto e un paio di numeri di telefono utili. La vicenda su Bbc News.

Sono invece quasi 300mila i rifugiati provenienti dall’Ucraina che hanno trovato accoglienza in Repubblica Ceca. Numeri che hanno indotto il governo a prolungare lo stato di emergenza, dichiarato lo scorso 4 marzo. La capacità di ospitalità ha raggiunto il limite. Il governo ceco ha chiesto quindi assistenza al Meccanismo della protezione civile europea per sistemare 50mila persone. Al momento ai rifugiati che arrivano dall’Ucraina può essere fornito solo un rifugio di emergenza, ha dichiarato un portavoce del servizio nazionale dei vigili del fuoco. 

Finora il ministero dell’Interno ha rilasciato 180mila visti speciali. Radio Praga riporta che le persone registrate sono 100mila, di queste 43mila a Praga e 25mila nella regione della Boemia centrale. 


L’interno della stazione di Przemyśl, uno dei principali punti di accoglienza dei rifugiati in Polonia, a 13 km dal confine con l’Ucraina.


Ungheria

Presidente Katalin Il 10 marzo il Parlamento ungherese ha eletto, con la maggioranza di 137 deputati sui 199 dell'assemblea, Katalin Novák, 44 anni, esponente di Fidesz, nuovo presidente della Repubblica ungherese. Linkiesta ne ripercorre il recente passato politico dal ruolo di rilievo in difesa della famiglia tradizionale al Congresso mondiale delle famiglie di Verona, Wcf, agli emendamenti costituzionali ungheresi degli ultimi due anni che recitano «la madre è una femmina e il padre è un maschio» e «l’Ungheria protegge il diritto dei bambini di auto-identificarsi con il sesso con cui sono nati» e «l’istruzione è fornita secondo i valori fondati sull’identità costituzionale e sulla cultura cristiana».

La nuova presidente ungherese Katalin Novák.


Márki-Zay: mondo libero contro autocrazie Il New York Times racconta invece il concomitante discorso del candidato delle opposizioni alle imminenti politiche del 3 aprile Márki-Zay, il cui programma, che richiama la scuola dei Repubblicani statunitensi, è incentrato su bassa pressione fiscale e una presenza dello stato minore possibile. Márki-Zay crede i suoi valori occidentali riusciranno a scalzare la democrazia illiberale di Orbán. Sulla guerra la sua strategia è chiara: «Putin e Orbán appartengono allo stesso modo» ha detto «autocratico, repressivo, povero e corrotto e l'Ungheria deve decidere tra due mondi: quello della Russia di Putin o quello liberale dell'occidente del mondo libero». 


Drone impazzito Un aereo senza pilota di fabbricazione sovietica contenente circa 120 chili di esplosivo si è schiantato fuori controllo, nei pressi di Zagabria dopo aver sorvolato  Ungheria e Romania. Le autorità croate non hanno nascosto la loro irritazione per il mancato intervento dell’Ungheria. Il drone ha sorvolato per oltre 40 minuti prima dell'impatto in territorio croato. Ne scrive il quotidiano francese  L'Independant.


Ungheria - Italia esercitazioni militari Il generale Francesco Paolo Figliuolo appena smessi i panni di commissario straordinario per l'emergenza Covid è volato in Ungheria per dare seguito all’accordo firmato dal ministro della Difesa italiano Lorenzo Guerini con il suo omologo magiaro, il generale Tibor Benkö, in chiave di deterrenza sul fronte Est della Nato. Figliuolo nel corso della visita ha incontrato gli uomini e le donne dell’esercitazione Eastern Shield che vede le Forze armate ungheresi operare lungo il confine nelle attività di controllo del flusso di profughi provenienti dall'Ucraina e ha presenziato alla fase finale dell’esercitazione Livex che ha visto impegnate sul terreno unità di fanteria leggera, media e pesante, supportate da elicotteri d’attacco, artiglieria, mortai e velivoli ad ala fissa. Via Il Fatto Quotidiano.


Either/Or Dopo "L'idiota" romanzo semiautobiografico,  edito da Einaudi, per la traduzione dall'inglese di Martina Testa, libro finalista al Pulitzer nel 2018, in cui si era distinta per la sua prosa cerebrale e l'originalità della forma, torna in libreria Elif  Batuman con "Either/Or" (Penguin Press). Batuman riprende la storia della sua protagonista Selin, aspirante scrittrice, che ritorna ad Harvard dopo aver insegnato inglese in Ungheria. L'opera è tra i consigli di lettura di primavera di The Globe and Mail.


Slovacchia

Lex Ucraina in arrivo Il 16 marzo il parlamento di Bratislava ha discusso un disegno di legge che accorpa alcune misure concrete per aiutare gli ucraini in arrivo nel Paese. Denominato 'Lex Ucraina', il pacchetto legislativo contiene provvedimenti per affrontare le questioni sanitarie, previdenziali e occupazionali dei richiedenti asilo in Slovacchia. Comprende inoltre aspetti legati all'accoglienza e all'integrazione dei bambini ucraini nelle scuole slovacche e affronta l'aspetto legato alla richiesta di aiuti umanitari dall'estero. Dovrebbe essere approvato, con procedura abbreviata, nei prossimi giorni. Via Buongiorno Slovacchia


Sì alle truppe Nato Il giorno prima, invece, il parlamento slovacco aveva approvato a larga maggioranza bipartisan la decisione di accogliere un contingente Nato nel Paese. Si sono astenuti i deputati di Smer-Sd dell'ex premier Robert Fico, da tempo uno dei principali oppositori dell'Alleanza atlantica nel Paese, mentre gli unici a votare contro sono stati gli esponenti dell'estrema destra di L'Sns. Le truppe della Nato autorizzate a operare in Slovacchia saranno composte da soldati di sei Paesi, comprese le vicine Polonia e Repubblica Ceca, ma non potranno superare le 2100 unità. Come confermano fonti del Ministero della Difesa è inoltre possibile, ma non confermata, una fornitura di missili Patriot. Lo riferisce Rainews. 


Armamenti per Kiev in stand by A proposito di forniture militari per scopi difensivi, il governo di Bratislava si è detto disposto a fornire a quello di Kiev alcuni sistemi d'arma antiaerei a lungo raggio S-300 in sua dotazione. La conditio sine qua non perché ciò avvenga, tuttavia, è che la Nato fornisca alla Slovacchia armamenti equivalenti in sostituzione di quelli ceduti all'Ucraina. Una proposta che, per il momento, non è stata commentata dall'Alleanza atlantica. Ne scrive Reuters. Come sottolinea il Washington Post fra i desiderata di Bratislava per riempire il vuoto lasciato dagli S-300 che si vorrebbe donare a Kiev sarebbero proprio i missili Patriot di produzione statunitense.  


Quinta colonna di Mosca Al termine di alcune perquisizioni domiciliari, l'agenzia anticrimine slovacca ha arrestato quattro persone con l'accusa di avere partecipato ad attività di spionaggio per conto di Mosca. Sarebbero la punta dell'iceberg di una rete assai più estesa nel Paese al soldo del Cremlino. I quattro uomini finiti in carcere sono un redattore di un sito d'informazione filorusso chiuso dopo l'invasione dell'Ucraina, un ex agente dei servizi segreti, un ex assistente di un deputato, e l'ex vicerettore dell'Accademia delle forze armate. Se le accuse nei loro confronti saranno confermate, rischiano fino a 13 anni di reclusione. L'articolo di Andrea Rapino su East Journal. Proprio il giorno prima di questi arresti, il 14 marzo, il Ministero degli Esteri slovacco aveva inoltre annunciato l'immediata espulsione dal Paese di tre diplomatici russi, anch'essi accusati di spionaggio. Via Euronews.


Ivan Reitman da Komárno A inizio febbraio si era spento a Montecito, in California - all'età di 75 anni - il regista Ivan Reitman. Celebre per avere diretto i due 'Ghostbusters' nel 1984 e nel 1989 e come produttore di 'Animal House', il cineasta si era distinto a Hollywood per numerose altre commedie in una carriera dietro alla macchina da presa durata quasi mezzo secolo. Pur essendosi trasferito con i genitori in Canada quando aveva appena quattro anni, Reitman era tuttavia nato nell'allora Cecoslovacchia nel 1946. Proveniva da una famiglia ebrea di Komárno, pittoresca cittadina slovacco-ungherese su ambo le sponde del Danubio. Sua madre era sopravvisuta ad Auschwitz, mentre suo padre aveva combattuto nella resistenza ceca. Le tappe principali della carriera cinematografica di Reitman su Buongiorno Slovacchia.


Repubblica Ceca

Stop alla propaganda russa Otto siti internet accusati di diffondere fake news pro Cremlino sono stati bloccati dalla CZ.Nic, l’associazione che gestisce i domini cz. L’operazione è stata condotta su raccomandazione del governo e dei servizi segreti. Lo segnala Radio Praga.  Al fine di bloccare la propaganda russa il governo ceco sta valutando anche di introdurre un divieto per l’esibizione della lettera Z, assurto a simbolo della campagna militare della Federazione Russa in Ucraina. Se utilizzata per esprimere un sostegno alla guerra, potrebbe essere considerata alla stregua della svastica nazista. Da Adnkronos


Babiš, notizie buone e cattive Il prossimo anno si terranno le elezioni presidenziali. Secondo un sondaggio dell’agenzia Median il favorito a succedere all’attuale presidente Miloš Zeman al Castello di Praga, è l’ex premier Andrej Babiš. Il 26% degli intervistati ha dichiarato che voterebbe per lui. Dietro di lui l’ex generale Petr Pavel con il 16% delle preferenze. Staccati la senatrice democratica Miroslava Němcová con l’8% e il senatore Pavel Fischer con il 7%.

Babiš però deve fare i conti con una brutta notizia arrivata dal parlamento, che ha votato a maggioranza (111 su 176 deputati) per far decadere la sua immunità. Su di lui pende l’accusa di aver fatto convogliare in maniera fraudolenta due milioni di euro di fondi europei verso una società riconducibile a lui. Su Radio Praga


La prima donna laureata in medicina Anna Honzáková è stata la prima donna praghese a laurearsi in medicina. Accadde 120 anni fa all’università Carlo IV. Honzáková non fu la prima ceca, era stata preceduta dalle connazionali Bohuslava Kecková e Anna Bayerová che però avevano potuto esercitare solo all’estero in quanto in patria il titolo non gli era stato riconosciuto. L’appassionante storia di Anna Honzáková è stata raccontata da Andrea Rapino su East Journal


Škoda rallenta per la guerra La guerra in Ucraina ha avuto immediate ripercussioni nella catena dell’automotive. La società automobilistica Skoda ha dovuto ridurre la produzione nello stabilimento di Mlada Boleslav a causa della carenza di componenti provenienti dall’Ucraina. Da Agenzia Nova. 


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Polonia


Veni, vidi, Salvini Nel contesto drammatico dell’invasione russa dell’Ucraina e del conseguente afflusso di persone rifugiate in Polonia, la visita di Matteo Salvini nella città di confine di Przemyśl ha regalato alla cronaca i toni tipicamente italiani della commedia farsesca. Come noto, il leader della Lega si è recato a Przemyśl ufficialmente per dichiarare solidarietà all’Ucraina invasa e al grande sforzo polacco di accoglienza dei rifugiati. 

Il vero motivo della visita era in realtà quello di raddrizzare la sua immagine pubblica dopo giorni in cui i media italiani e internazionali avevano riportato a galla le sue plurime dichiarazioni di stima e affetto per Vladimir Putin. Com’è probabilmente noto a tutti, la missione è stata un fiasco totale con il sindaco di Przemyśl che lo ha inchiodato alle sue ipocrisie sventolando la maglietta con l’effige di Putin che Salvini aveva indossato a Mosca e vantato in una famigerata foto. Su Repubblica, un reportage semi-serio di due volontari partiti dall’Italia e che hanno incrociato Salvini sulla loro strada. Da Notes From Poland, invece, il punto di vista polacco sulla vicenda.

Veto di Duda alla Lex Czarnek Un’importante notizia di politica interna è rimasta in secondo piano a causa della comprensibile concentrazione informativa sull’invasione russa dell’Ucraina. All’inizio di marzo, il Presidente della repubblica Andrzej Duda ha posto il veto sulla fortemente discussa riforma della scuola che porta il nome del titolare del dicastero della pubblica istruzione Przemysław Czarnek. La legge, aspramente contestata dalle opposizioni, avrebbe tolto molto spazio di manovra ai dirigenti scolastici in particolare sul tema della collaborazione con Ong e altre associazioni, passandolo invece ai provveditori agli studi, carica di nomina governativa e quindi facilmente controllabile dall’esecutivo. Se ne parla sul sito di news dell’emittente televisiva Tvn.


Derussificare l’economia In attesa di scoprire i piani di lungo termine, quelli di breve termine del governo polacco sono tesi a proteggere l’economia nazionale, già piegata da una forte inflazione, dai contraccolpi dovuti all’invasione russa dell’Ucraina le cui conseguenze indirette in termini di politiche energetiche colpiscono direttamente la Polonia. In quello che il presidente Morawiecki non ha fatto segreto di chiamare “uno scudo anti-Putin” si trovano norme per calmierare il prezzo di alcuni beni di consumo e di sostenere settori in particolare difficoltà come per esempio l’agricoltura. Se ne parla su Notes from Poland.

Il momento in cui il sindaco di Przemyśl Wojciech Bakun ha estratto la maglietta con l’effigie di Putin davanti al leader della Lega Matteo Salvini.


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