Václav #61
10 - 28 novembre 2021
Lungo il confine polacco-bielorusso è caduta la prima neve e le temperature notturne scendono spesso sotto lo zero, ma la situazione resta lontana dal risolversi. Negli ultimi giorni numerosi migranti sono stati trasferiti in strutture al coperto dai bielorussi, mentre altri sono stati rimpatriati nel Kurdistan iracheno con voli appositi. Tuttavia, molte centinaia di persone continuano a vagare - e a volte a morire - nelle foreste attorno alla frontiera. Provano a entrare in Polonia. Alcuni di loro vorrebbero richiedervi asilo. Li assistono associazioni di volontari locali, che cercano di aiutarli nonostante le limitazioni poste dallo stato d’emergenza in vigore lungo il confine. Alla crisi umanitaria in atto si affianca quella diplomatica e geopolitica, altrettanto complessa e dinamica.
Intanto, in attesa dell’impatto della temuta variante Omicron del virus SARS-CoV-2, prosegue e si intensifica la quarta ondata del covid-19 in Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. I quattro Paesi restano fra quelli nell’Ue con la minor percentuale di vaccinati e questo comporta una maggiore diffusione del virus. Al 26 novembre il quadro è preoccupante con 2079 nuovi contagi giornalieri per milione di abitanti in Slovacchia, 1759 nella Repubblica Ceca, 1044 in Ungheria e 597 in Polonia. Lo stesso giorno in Italia i nuovi casi sono stati 184 per milione di abitanti. Di pari passo, nei quattro di Visegrád crescono ospedalizzazioni e decessi legati al virus.
In questa edizione vi proponiamo anche la consueta panoramica sulle notizie dall’Europa centrale, a cominciare dall’investitura di Petr Fiala a nuovo premier ceco, arrivata il 28 novembre in modo surreale e dopo molti rinvii. Chiudiamo con la nostra Terza Pagina che ospita letteratura magiara, terme boeme e musica folk-metal slovacca.
Buona lettura!
Dispacci dalla frontiera orientale
Le ultime due settimane hanno visto esplodere l’emergenza umanitaria e diplomatica al confine fra Polonia e Bielorussia cominciata fra luglio e agosto e divenuta drammatica a partire dall’8 novembre, come descritto nel precedente Václav. Secondo le autorità polacche l’intera operazione è orchestrata dal regime bielorusso, più volte finito sotto accusa in questi mesi per aver organizzato una vera e propria tratta di esseri umani con lo scopo di destabilizzare l’Unione europea. Molti migranti provengono dal Kurdistan iracheno o dalla Siria e negli ultimi mesi hanno visto una via preferenziale verso l’Europa garantita proprio dalla Bielorussia.
Diverse ‘agenzie’ rilasciano visti turistici per Minsk a un prezzo ridotto (circa 3000 dollari), promettendo un transito agevole in Germania, attraverso la Polonia. Arrivati al confine polacco i migranti trovano una realtà completamente diversa da quella descritta, con l’impossibilità di varcarlo legalmente. Si sospetta che dietro al presidente-dittatore bielorusso Aleksander Lukashenko ci sia la complicità di Vladimir Putin. Il presidente russo ha negato ogni coinvolgimento, inviando però due bombardieri a sorvegliare lo spazio aereo bielorusso, come riferisce il Guardian. Tra i principali accusatori di Putin c’è il premier polacco Mateusz Morawiecki, che ha definito l’attacco alle frontiere «la più grande opera di destabilizzazione dalla Seconda guerra mondiale». Via Deutsche Welle.
Il ruolo dell’Unione europea - La risposta dell’Ue è stata di ferma condanna nei confronti del comportamento della Bielorussia e di solidarietà nei confronti della Polonia. Sul triangolo Bruxelles-Minsk-Varsavia segnaliamo questo articolo del New York Times. La Commissione europea ha deciso quindi di rafforzare le sanzioni che già colpiscono il regime bielorusso, mentre si sono attivati i canali diplomatici con i Paesi di provenienza dei richiedenti asilo.
Il richiamo del Consiglio d’Europa - Sulla situazione è intervenuta anche la commissaria ai Diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, che non ha lesinato critiche al modo di operare di Varsavia. «Occorre trovare un approccio che metta l’essere umano al primo posto e garantisca il rispetto della sua dignità e dei suoi diritti», ha dichiarato. Sottolineando come le restrizioni dello stato di emergenza, che impedisce l’accesso ad attivisti e giornalisti, rendano tutto difficoltoso e poco trasparente. Lo riferisce l’agenzia Sir.
I vantaggi per la Polonia - Gli obiettivi di Lukashenko sono stati esplicitati nel corso di una telefonata con la Cancelliera tedesca uscente, Angela Merkel: essere riconosciuto come legittimo presidente bielorusso e ottenere la revoca delle sanzioni. Tuttavia anche il governo polacco trae qualche vantaggio da questa situazione, che consente di distogliere l’opinione pubblica dai problemi interni, come l’inflazione galoppante, la cattiva gestione della pandemia, i dissidi con Bruxelles e il declino nei sondaggi del principale partito di governo, Diritto e Giustizia (PiS). Ne scrive Il Post.
Putin tra gas e diritti umani - Una delle ‘armi’ utilizzate dalla Bielorussia per spaventare l’Europa è la minaccia del taglio delle forniture di gas, il cui flusso per alcuni giorni è stato notevolmente ridotto. La mossa, apparentemente, non è piaciuta a Vladimir Putin, che ha sottolineato come questo significhi il mancato rispetto dei contratti in essere. Dalla Bbc. Pur redarguendo il suo alleato, Putin ha lanciato dure stoccate ai Paesi europei, tacciati di mancare del rispetto dei diritti umani di cui si fanno alfieri. Via Ansa.
Il comportamento delle forze dell’ordine - Nel mirino della critica è finito spesso il comportamento della polizia di frontiera. Accusata da una parte di respingere i richiedenti asilo verso la frontiera bielorussa infrangendo le regole della protezione internazionale, dall’altra di essere troppo aggressiva e intimidatoria nei confronti di chi cerca di prestare soccorso. Il Guardian riporta il racconto di una attivista di Grupa Granica, associazione di Ong polacche impegnate nel prestare assistenza ai migranti. Anche le altre forze dell’ordine sono state accusate di metodi poco ortodossi. Qualche giorno fa il traduttore dall’arabo Jakub Sypiański, legato a Grupa Granica, ha raccontato di essere stato bloccato per strada dai Wot (esercito di difesa territoriale), una controversa milizia istituita nel 2017. Alcuni di questi uomini avrebbero cercato di farlo scendere con la forza dall’automobile, mentre lo insultavano. Secondo i Wot l’operazione si sarebbe invece svolta secondo le procedure. Ne scrive Gazeta Wyborcza.
Il ruolo dell’associazionismo - La crisi umanitaria ha fatto scendere in campo una miriade di associazioni, di individui e di istituzioni locali che da mesi, ogni giorno, si battono per portare aiuto a chi si trova in difficoltà. Forniscono assistenza medica e di primo soccorso, ma anche aiuto legale per le pratiche di protezione internazionale, organizzano raccolte di cibo e vestiti. Alcune di queste iniziative sono descritte da agenzia Sir. Rosita Rijtano, invece, racconta su Lavialibera come alcuni polacchi abbiano deciso di soccorrere, sfamare e trasportare i migranti in arrivo nel loro Paese, creando una rete sotterranea di aiuti, pur consapevoli di rischiare sino a otto anni di carcere per favoreggiamento illegale dell’immigrazione.
Sgomberi e primi rimpatri - Il 16 novembre un gruppo di migranti aveva scatenato una sassaiola contro le guardie di frontiera polacche, che avevano reagito con il getto dei cannoni ad acqua. Il racconto di Al Jazeera. Il giorno dopo il campo di Kuźnica è stato sgomberato e gran parte dei suoi occupanti trasferiti in una struttura riscaldata al coperto, visto l’incombente arrivo dell’inverno. Altri piccoli gruppi sono stati però portati via, probabilmente in altri punti della frontiera tra i due Paesi. Ancora oggi continuano i tentativi di attraversamento, nonostante le temperature gelide e l’arrrivo della neve. A partire dal 18 novembre, invece, sono iniziati i primi voli di rimpatrio organizzati dall’ambasciata irachena a Mosca. La notizia sull’Ansa.
La voce di chi fugge - In questa vicenda si è dato spesso spazio all’analisi geopolitica, anziché dare voce ai suoi veri protagonisti: i richiedenti asilo. Sono le loro voci e le loro storie che dovrebbero essere al centro del discorso. Le voci di chi si è trovato a migliaia di chilometri da casa intrappolato in un gioco mortale in mezzo alla foresta. Le voci di chi si è messo in cammino per poter trovare una vita migliore e ora deve lottare per non morire. Alcune delle loro storie su Repubblica, Sky e Al Jazeera.
Le vittime - È difficile stimare quante persone siano perite dall’inizio della crisi. Fino a un paio di settimane fa i morti ufficiali erano dieci, ma c’è la certezza che già allora fossero molti di più. Chi se ne è andato negli ultimi giorni lo ha fatto quasi passando sotto silenzio. Al Jazeera ha riportato la morte di un ragazzo siriano di soli 20 anni nei boschi di Wolka Terechowska. Ha destato impressione il caso di una giovane madre che ha raccontato ai soccorritori come il suo bambino di un anno fosse morto nella foresta. La vicenda è stata riportata anche dal Guardian. Altre storie di chi ha perso la vita si trovano su Deutsche Welle.
Quadro Covid nel V4
La Repubblica Ceca ha dichiarato lo stato d’emergenza nazionale per provare a limitare la crescita dei contagi. Durerà 30 giorni, fino a Natale, ma potrebbe essere esteso durante le feste. Lo conferma Politico. Le nuove misure – che prevedono la chiusura alle 22 di locali e ristoranti, il divieto di svolgere mercatini natalizi e di assembramenti al chiuso per gruppi superiori a 100 persone – sono attive dal 26 novembre. Lo stesso giorno nel Paese si sono registrati 27717 nuovi casi, un numero mai raggiunto in precedenza. Il giorno seguente Radio Praga, citando l’emittente Tv Nova, riferisce che un primo caso della variante Omicron del virus sarebbe stato riscontrato in una donna ceca rientrata da poco dalla Namibia.
I nuovi casi di covid-19 quotidiani sfiorano i 30mila in Polonia, dove è drammatico il numero dei morti: il 25 novembre sono stati quasi 500. Nonostante il tasso di vaccinati con ciclo completo sia molto basso (solo il 53,6% della popolazione) la linea adottata dal governo resta quella di non imporre alcuna restrizione. L’unico obbligo effettivo è quello di indossare la mascherina sui trasporti e negli spazi pubblici e commerciali al chiuso. Leonardo Benedetti fa il punto della situazione su East Journal. Il ministro della Salute, Adam Niedzielski, ha dichiarato che il picco dei contagi dovrebbe arrivare a inizio dicembre. Se l’aumento dei casi dovesse però protrarsi ancora, potrebbero essere introdotte alcune limitazioni al numero di persone ammesse in particolari situazioni, come ad esempio al cinema. Ne scrive Reuters.
In Slovacchia se ne parlava da giorni e ora è ufficiale: il governo ha deciso per il lockdown. Per le prossime due settimane, i residenti nel Paese potranno uscire di casa solo per adempiere alle necessità primarie, come recarsi a scuola o al lavoro, fare la spesa, ricevere cure mediche e ovviamente per recarsi al centro vaccinale. Euractiv ricorda che soltanto il 45% degli slovacchi ha completato il ciclo vaccinale e questa bassa quota di immunizzati starebbe causando i gravi problemi di tenuta ospedaliera che hanno portato al lockdown. I dati forniti dalle autorità parlano di oltre tremila pazienti ospedalizzati di cui più dell’80% non vaccinato. Il lockdown di 15 giorni si inserisce in un periodo più ampio, di 90 giorni, di stato d’emergenza. Le restrizioni in atto potrebbero quindi essere prolungate se i numeri non dovessero migliorare.
Cresce la curva epidemica anche in Ungheria, con i nuovi contagi giornalieri a sforare varie volte quota 12mila. Non erano mai stati registrati numeri così alti dall’inizio della pandemia. In aumento anche i decessi: il 25 novembre sono stati 185. Il governo ha reintrodotto l'obbligo di mascherina sui mezzi pubblici il 15 novembre e nei locali al chiuso il 20 novembre. Da un grafico pubblicato nei giorni scorsi sul profilo Twitter della Commissione europea, emerge chiaramente la correlazione tra la scarsa copertura vaccinale (l’Ungheria è il nono Paese meno vaccinato dell’Ue) e l’alta incidenza della mortalità del virus. In questa triste classifica il Paese si classifica al quarto posto. Dopo qualche esitazione, Budapest ha confermato che parteciperà all’acquisto di dosi di siero Pfizer, previsto dall’Ue. Via Hungary Today. Il sito governativo di informazione covid ha inoltre pubblicato i dati sugli acquisti di vaccini finora compiuti da Budapest: quelli approvati dall'Ema sono il triplo di quelli orientali, che da marzo l'Ungheria ha autorizzato, unico Paese dell’Ue a farlo.
REPUBBLICA CECA
Petr Fiala nuovo premier - Nella mattinata di domenica 28 novembre, dopo molti rinvii, Petr Fiala ha ricevuto dal presidente della Repubblica, Miloš Zeman, l’incarico di formare un nuovo governo. Un’investitura attesa dal 9 ottobre, quando le urne delle parlamentari avevano decretato la sconfitta del premier uscente Andrej Babiš e del suo partito Ano e la vittoria delle opposizioni capeggiate da Spolu, la coalizione guidata da Fiala. Tuttavia, per i successivi 49 giorni, il Paese si è ritrovato senza un nuovo primo ministro in pectore. Una lunga impasse dovuta al fatto che, subito dopo il voto, Zeman era stato ricoverato in terapia intensiva per una malattia cronica, non potendo quindi nominare il nuovo premier.
A lungo si era ipotizzato di attivare un articolo della Costituzione che avrebbe trasferito il potere di indicare il nuovo primo ministro alla presidente della Camera, ma alla fine il 77enne presidente è stato dimesso e ha aperto a un nuovo esecutivo guidato da Fiala. Tuttavia il 25 novembre, Zeman è tornato in ospedale, questa volta per covid-19. Ecco perché l’investitura al premier erede di Babiš è stata conferita nella propria residenza del castello di Lány da uno Zeman visibilmente debilitato, su una sedie a rotelle, e all’interno di una teca di vetro mentre tutti i presenti indossavano mascherine Ffp3. Una cerimonia surreale raccontata da Politico. A partire da lunedì 29 novembre, nonostante le sue precarie condizioni di salute, il presidente incontrerà i candidati ministri. Entro il 13 dicembre, a consultazioni concluse, il nuovo governo Fiala dovrebbe potersi insediare. Eventuali nuovi imprevisti permettendo.
Il crepuscolo dei comunisti? - Il Partito comunista di Boemia e Moravia (Kscm) era stato un altro dei grandi sconfitti alle parlamentari, non riuscendo a superare la soglia di sbarramento del 5% e ritrovandosi quindi fuori dal nuovo parlamento di Praga. È la prima volta dal dopoguerra che nessun partito comunista viene rappresentato nell’emiciclo parlamentare ex cecoslovacco o ceco. Fondato il 31 marzo del 1990, pochi mesi dopo la Rivoluzione di velluto, il Kscm non ha mai governato - pur arrivando al 18,5% dei consensi nel 2002 - ma ha appoggiato dall’esterno il governo uscente di Andrej Babiš, consentendogli di ottenere la fiducia in parlamento in varie occasioni. Radio Praga ricorda che oggi il partito conta appena 26mila membri - un quarto rispetto ai suoi fasti - e appare in grossa crisi di identità anche se ha già scelto come sua nuova leader la quarantenne europarlamentare Kateřina Konečná.
UNGHERIA
Blocco dei fondi Ue, lettera da Bruxelles - Il 19 novembre la Commissione europea ha inviato una lettera a Polonia e Ungheria chiedendo ai due Paesi di chiarire le loro rispettive posizioni riguardo alcune questioni che bloccano l’erogazione dei fondi europei. Entra dunque nel vivo il meccanismo di condizionalità approvato lo scorso dicembre. I dubbi relativi alla Polonia riguardano il rispetto dello stato di diritto e l’indipendenza della magistratura. L’Ungheria è invece tenuta a rispondere sui sospetti di irregolarità nella spesa dei fondi europei attraversi gli appalti pubblici e sul rischio di creazione di un sistema clientelare nelle alte sfere della pubblica amministrazione. Come ricorda Reuters, i due Paesi hanno due mesi di tempo per rispondere a Bruxelles. Courthouse News Service riporta, inoltre, che la Corte di Giustizia europea ha dichiarato non conforme alle norme comunitarie sulla richiesta di asilo la legge denominata ‘Stop Soros’, approvata dall'Ungheria nel 2018, che limitava l'attività delle Ong che assistono i migranti.
Benzina a prezzo politico - Il governo ha fissato per decreto per i prossimi tre mesi il prezzo della benzina a quota 480 fiorini al litro, frenando i continui rialzi delle scorse settimane, che lo avevano portato a 506 fiorini. I costi graveranno su grossisti e distributori, che potranno anche sospendere l'attività, cedendo a terzi l'esercizio. Il premier Viktor Orbán compie una decisa mossa elettorale, fermando l'inflazione che gli permette di consolidarsi, insieme alla ‘battaglia della bollette’, come difensore dei portafogli dei contribuenti, accollandosi però una parte di rischio qualora i prezzi dei carburanti dovessero impennarsi sui mercati internazionali. Ne parla Euronews
Fiorino debole e inflazione record - Continua il periodo di forte svalutazione della valuta nazionale ungherese, arrivata a toccare il record negativo di 370,22 fiorini per un Euro. La Banca Centrale ha deciso di intervenire aumentando i tassi di interesse, ma finora la mossa non sembra aver sortito effetti positivi. Alla debolezza del fiorino si accompagna la crescita dell’inflazione. A ottobre i prezzi al consumo sono cresciuti del 6,5% e alla fine di questo mese si dovrebbe toccare il 7%. Da Bloomberg.
L’Ungheria di Márki-Zay e i Balcani - Péter Márki-Zay, lo sfidante di Orbán alle politiche della primavera 2022, fa del ritorno ai valori europei un punto centrale della sua campagna. In caso di vittoria, vuole al più presto l'adesione dell'Ungheria alla Procura europea e la creazione di un istituto anticorruzione, misure che cambierebbero anche i rapporti dell'Ungheria con i suoi vicini balcanici. In un'intervista a Balkan Insight, Màrki-Zay promette di far luce sugli affari legati ai materiali sanitari con Slovenia e Serbia, ma anche sull'estradizione dell'ex premier della Macedonia del Nord, Nikola Gruevski, fuggito alla giustizia nel suo Paese e rifugiatosi in Ungheria nel 2018.
Interferenze americane - Il governo di Budapest teme che gli Stati Uniti possano interferire sull’esito delle parlamentari ungheresi della prossima primavera. Lo ha rivelato il ministro degli Esteri, Péter Szijjártó, che ha sottolineato come l’attuale amministrazione di Washington nutra rancore per gli stretti rapporti che erano intercorsi tra il governo Orbán e la presidenza Trump. «Mi aspetto che gli Usa applichino il Magnitsky Act», ha dichiarato Szijjártó, riferendosi alla legge che permette di imporre sanzioni e altre misure nei confronti di cittadini stranieri per corruzione e abuso dei diritti umani. Ne scrive il Financial Times.
SLOVACCHIA
Congressi di partito - Lo scorso 17 novembre, in occasione dell’anniversario della Rivoluzione di velluto del 1989, due tra i principali partiti politici slovacchi hanno organizzato i loro congressi. Sono stati Smer-Sd, diretto dall’ex premier Robert Fico, e Ol’Ano, partito che esprime la maggioranza di governo e l’attuale premier Eduard Heger. Leader di Ol’Ano è ancora Igor Matovič, artefice del clamoroso successo elettorale di un anno fa, ma anche causa del clamoroso picco negativo di consensi che il partito sta vivendo e che oggi lo vede al 10% del gradimento tra gli elettori. Matovič, oggi coministro delle Finanze, ha usato toni pacifici per riconciliarsi con la base del partito e ha attaccato Robert Fico, accusandolo di aver incentivato la corruzione e di essere direttamente responsabile di molti decessi da covid-19 per avere incitato alla disobbedienza contro le restrizioni. I dettagli su Buongiorno Slovacchia.
Giro di vite alle finanze - Seppur nell’emergenza epidemica di nuovo al picco, il governo slovacco non dimentica le urgenze dettate dal Recovery Fund legate a una ristrutturazione del sistema finanziario nazionale. Il ministro delle Finanze, Matovič, ha presentato la proposta di ristrutturazione dei contributi fiscali e previdenziali che porterà i lavoratori autonomi a un cospicuo aumento dei propri costi. Da un lato è una misura necessaria a scoraggiare il sistema delle false partite Iva con cui le aziende assumono dipendenti trattandoli da esterni, ma dall’altro rischia di scoraggiare i veri freelance e piccoli imprenditori, portandoli a spostare all’estero le proprie attività. Se ne parla su Buongiorno Slovacchia. Su Euractiv, invece, si pone l’attenzione ad alcune previste riforme del welfare che prevederanno un aumento degli assegni familiari per i neogenitori che il governo intende finanziare con una tassa sui patrimoni superiori al milione di euro.
Il governo chiede scusa alle donne rom - Per decenni, le donne di etnia romani in Cecoslovacchia e poi in Slovacchia sono state sottoposte a interventi di sterilizzazione forzata, indotte a farlo con la forza o con l’inganno, private di spiegazioni chiare e moduli che confermassero il loro consenso all’intervento. Come riporta Deutsche Welle, il governo slovacco ha deciso di porre le sue scuse ufficiali per questo trattamento. Passo molto apprezzato dalla commissaria per i Diritti umani dell’Ue, Dunja Mijatovič, che ora si augura che si passi velocemente a un meccanismo di riparazione con aiuti finanziari, psicologici ed educativi.
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POLONIA
Diritto all’aborto, l’Europa si muove - A oltre un anno di distanza dalla discussa sentenza del Tribunale costituzionale di Varsavia che ha di fatto imposto un divieto assoluto alla possibilità di interrompere la gravidanza, il parlamento europeo ha approvato una relazione che chiede al governo polacco di garantire pienamente l’accesso a servizi di aborto legali, sicuri e gratuiti. Lo riporta l’Ansa. Intanto un aiuto alle donne polacche è stato offerto dal governo olandese. Il parlamento dell’Aia ha adottato una risoluzione per sostenere finanziariamente chi volesse recarsi nei Paesi Bassi per interrompere la gravidanza. Un’iniziativa simile era stata presa un mese fa dal Belgio. Su Notes From Poland.
Attacco alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo - Il 24 novembre sempre il Tribunale costituzionale di Varsavia ha definito incostituzionale l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce a ogni individuo il diritto a ricevere una sentenza equa davanti a una corte indipendente e imparziale stabilita dalla legge. L’incostituzionalità di questa norma viene spiegata nella misura in cui non può venire utilizzata per misurare il grado di indipendenza del Tribunale costituzionale polacco. Il pronunciamento è una risposta a una sentenza della Corte europea dei diritti umani di qualche mese fa, in cui si definiva illegittima la nomina di Mariusz Muszyński, uno dei giudici che compongono la Corte costituzionale polacca. Tale condizione pregiudica il diritto a una sentenza equa. Gli ultimi sviluppi della vicenda vengono spiegati nei dettagli da Deutsche Welle.
Giornata dell’Indipendenza più tranquilla del solito - L’11 novembre si è tenuta l’ormai tradizionale Marcia dell’indipendenza, un evento organizzato dal 2010 dai gruppi della destra radicale nazionalista. Quest’anno la manifestazione è stata in forse fino all’ultimo. Il sindaco di Varsavia, Rafał Trzaskowski, ne aveva chiesto l’annullamento, dopo gli scontri verificatisi un anno fa e i tribunali gli avevano dato ragione. All’ultimo momento però è arrivata la scappatoia: la manifestazione è stata classificata come evento di Stato, autorizzandola. La marcia si è svolta in un clima più tranquillo rispetto al solito, nonostante le parole incendiarie pronunciate sul palco dal capo dei suoi organizzatori, Robert Bąkiewicz, che ha parlato di Polonia sotto attacco facendo riferimento agli accadimenti al confine bielorusso. Tra gli incidenti degni di nota una bandiera della Germania e una foto del leader dell’opposizione Donald Tusk dati alle fiamme. Il racconto della giornata su New York Times e Reporting Democracy.
TERZA PAGINA
Terme ceche nel patrimonio Unesco - Di recente tre località termali della Repubblica Ceca sono state inserite nella lista dei siti considerati patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Si tratta delle cittadine boeme di Karlovy Vary, Marianske Lazne e Frantiskovy Lazne le cui benefiche acque termali sono note sin dall’epoca romana, ma che sono divenuti celebri centri di cura e di villeggiatura soprattutto a partire dal XIX secolo quando le frequentavano compositori, letterati, aristocratici e teste coronate. Karlovy Vary resta oggi il centro più noto di questo triangolo termale ceco, ma anche Marianske Lazne e Frantiskovy Lazne sono caratterizzate da tanti pregevoli esempi di architettura liberty e neoclassica, in contesti verdeggianti. Le racconta l’Ansa.
László Krasznahorkai maestro dell'Apocalisse - Nel giardino della dea Seiobo ci sono alberi di pesco che fioriscono una volta ogni tremila anni e chi riesce ad assaporarne i frutti riceve in dono l’immortalità. È il racconto che dà il titolo a ‘Seiobo è uscita quaggiù’, romanzo-raccolta di 17 storie del celebre autore ungherese László Krasznahorkai, uscito per Bompiani con la traduzione di Dóra Várnai. Diciassette interrogazioni filosofiche che riguardano l’arte a contatto con il sacro, nate dai suoi ripetuti viaggi in un’Asia scoperta quasi per caso, negli anni ‘90. Nella bella intervista di Marco De Laurentis per Rivista Studio Krasznahorkai, definito da Susan Sontag "il maestro dell'apocalisse ungherese", parla anche dell'influenza ricevuta dalle opere del nostro Mario Merz, a cui aveva già dedicato il libro.
Il ritorno del Sziget - Dopo due anni di stop causati dalla pandemia, nel 2022 tornerà (salvo sorprese) il Sziget Festival, evento musicale fra i più noti in Europa. Gli organizzatori hanno già svelato alcuni dei nomi dei gruppi che saliranno sul palco dell’isola di Hajógyár, a Budapest, tra il 10 e il 15 agosto: Kings of Leon, Bastille, Arctic Monkeys, ma anche Dua Lipa, Lewis Capaldi e tanti altri artisti. Maggiori notizie su Kafkadesk.
Echi di metal pagano dai Carpazi - Non sono poche le band rock e metal nell’area dell’Europa centro-orientale che cercano nel folklore slavo pre-cristiano fonti per lo sviluppo della propria poetica. Non fanno eccezione i Malokarpatan, gruppo slovacco attivo dal 2015. Rispetto a tutti gli artisti che dal folklore hanno pescato solo alcuni elementi simbolici, i Malokarpatan vanno molto più a fondo nella tradizione, scrivendo i testi in slovacco antico e trovando un contatto autentico con l’antico paganesimo slavo occidentale che è un unicum nel panorama metal internazionale. Se ne parla in dettaglio sempre su Kafkadesk.
Chi siamo, dove siamo
Centrum Report è un collettivo giornalistico composto da Lorenzo Berardi, Salvatore Greco, Alessandro Grimaldi e Fabio Turco. Ci appassiona l’Europa Centrale e viviamo da anni fra Budapest e Varsavia. Per conoscerci, clicca qui. Abbiamo un sito, siamo su Facebook e su Twitter. Curiamo e proponiamo tre prodotti editoriali.
Il primo è Václav, la rassegna stampa ragionata che avete appena letto. Una bussola per capire dove va la regione. La pubblichiamo ogni due settimane. Se lo apprezzate, invitate altre persone a fruirne!
Il secondo è la newsletter Magda, che inviamo per email agli iscritti ogni due settimane. Ci trovate consigli di lettura, notizie sfuggite al Václav, foto d'epoca e nostri interventi in giro.
Infine, scriviamo i longform. Articoli molto lunghi, da leggere tutti d'un fiato, su cultura, storia, politica e società dei Paesi dell'Europa Centrale. Non inseguiamo l'attualità, cerchiamo piuttosto di promuovere un giornalismo lento e attento. Ecco l'archivio della sezione.