La sinistra in Europa centrale è un'illusione ottica

Donald Tusk fotografato da Arno Mikkor e Robert Fico fotografato da Annika Haas

di Salvatore Greco



Nell'autunno del 2023, gli esecutivi di Polonia e Slovacchia hanno cambiato colore riportando al potere due uomini che avevano già governato i rispettivi Paesi negli anni precedenti: Donald Tusk in Polonia e Robert Fico in Slovacchia.

Chi segue le vicende dell'Europa centrale sa che difficilmente si potrebbero trovare due personaggi più diversi tra questi due per indole, idee e collocazione politica. Eppure, i media occidentali in entrambi i casi hanno parlato di affermazione della sinistra, per quanto con sfumature diverse. Hanno definito sinistra liberale quella di Tusk e sinistra populista quella di Fico.

Tutto questo è successo nonostante lo spazio politico dell'area di Visegrád ci abbia già dimostrato quanto le categorie europee occidentali di destra e sinistra faticano a raccontare davvero quello che succede in Paesi usciti dal socialismo reale.

Come se non bastasse, anche nelle democrazie liberali più mature, sempre più gruppi politici sfuggono alle classificazioni tradizionali. Sembra esserci sempre più fatica a tenere insieme i due filoni principali considerati di sinistra: le lotte per i diritti sociali come lavoro, casa e sanità e quelle per i diritti civili come i diritti delle donne, delle persone Lgbtq+ e delle persone migranti. Se questo oggi vale in modo evidente a Berlino, Parigi e Roma, tanto più vale a Varsavia e Bratislava dove il tessuto sociale ed economico è diverso per ragioni storiche evidenti.

Sulla base di questo, a un anno dal voto, come si comportano i nuovi sedicenti governi di sinistra in Polonia e in Slovacchia? Su quali temi premono? C'è davvero una sinistra moderna in questi Paesi?



La sinistra in Polonia

Il risultato delle elezioni in Polonia nel 2023 (arco grande) rispetto a quello del 2018 (arco piccolo). In giallo Piattaforma civica del premier Donald Tusk, in azzurro il risultato di Diritto e Giustizia, in rosso la Sinistra.
Grafico e dati di Politico.eu

Cominciamo dalla Polonia. Nelle due precedenti legislature, il partito di maggioranza relativa era PiS, Diritto e Giustizia, legato ad altri piccoli partiti nella coalizione Destra Unita (Zjednoczona prawica) la quale esprimeva governi fortemente conservatori sul tema dei diritti civili e un po' controversi sul tema dei diritti sociali con un'anima divisa tra liberisti di ferro e promotori di welfare diffuso. Ne sono venute fuori politiche molto restrittive sull'aborto e persino feroci nei confronti di persone Lgbtq+ e persone migranti definite apertamente nemiche della società polacca. In economia, la spesa pubblica è stata consistente, ma più in forma di contributi a fondo perduto che di investimenti strutturali. La misura economica simbolo di quei governi è stata il 500+, un sussidio familiare mensile di circa 120 euro per ogni figlio fino ai 18 anni a prescindere dal reddito familiare. Allo stesso tempo, scuola e sanità erano continuamente sottofinanziate e i grandi patrimoni non particolarmente toccati dalla tassazione.

Nell'autunno del 2023, Donald Tusk ha vinto le elezioni guidando una coalizione molto variegata, unita soprattutto dalla volontà di scalzare Diritto e Giustizia dal potere, preoccupati non tanto dalle politiche economiche quanto dalle tendenze autoritarie e illiberali mostrate dal vecchio governo.

La coalizione di Tusk ha presentato un programma molto ambizioso, ma che finora è stato realizzato in minima parte. Nello specifico, i provvedimenti considerati più di sinistra sono stati accantonati favorendo una gestione prudente e che strizza l'occhio alle pulsioni più reazionarie dell'elettorato.

Donald Tusk personalmente è un uomo dai valori conservatori, cattolico praticante e fortemente liberista in economia. Il suo partito, Coalizione Civica (PO) ha aperto molto sui diritti civili promettendo più spazio alle lotte femministe e Lgbtq+ a partire da quella più dibattuta: quella per il ripristino del diritto all'aborto.

La maggioranza tuttavia comprende anche la frangia molto conservatrice di Terza Via (Trzecia Droga) che rispecchia l'elettorato rurale e suburbano e che frena sensibilmente su questi temi, tanto che Tusk ha dovuto ammettere che dubita che si possa liberalizzare il diritto all'aborto entro la fine della legislatura.

Non va benissimo nemmeno per i diritti sociali. Come detto, Tusk e il suo partito sono di scuola liberale e liberista, ostili per ideologia alla spesa pubblica e al welfare strutturato. La terza gamba della coalizione, Sinistra (Lewica), sta seriamente faticando a mettere in luce le proprie istanze e una sua frazione interna, che fa parte della maggioranza ma non del governo, si è recentemente spaccata in due, tra puristi dei valori di sinistra e fautori del compromesso.

Sul tema del diritto alla casa, Tusk rifiuta categoricamente l'invito della sinistra a incentivare la costruzione di case popolari, ma ha promosso un contributo con cui il governo pagherà gli interessi sui mutui, una misura nominalmente fatta per alleggerire il costo per i nuovi proprietari ma che, secondo i più critici, metterà solo più soldi in tasca alle banche e spingerà il mercato immobiliare ad alzare ulteriormente i prezzi. Inoltre, è sempre più probabile una misura che renderà su base volontaria e non più obbligatoria il pagamento dei contributi destinati alla sanità da parte di imprenditori e partite iva. Questo, secondo gli analisti, implicherà un radicale calo dei già pochi fondi destinati alla sanità pubblica e incentiverà sempre più persone a contrarre assicurazioni private, naturalmente se e quanto potranno permetterselo.

In ultimo, il governo Tusk nelle ultime settimane ha ceduto alle pulsioni xenofobe bloccando le richieste di asilo da parte delle persone migranti che continuano a provare a entrare in Polonia dal confine bielorusso, spinte da una politica cinica del regime di Lukashenko per destabilizzare i governi Ue. La misura, una grave eccezione ai trattati comunitari e al diritto internazionale, è la dimostrazione finale che i valori di Tusk sono quelli della destra conservatrice europea, diversa da quella di PiS più che altro nella totale fedeltà al progetto europeo e allo stato di diritto. Molto, ma non abbastanza per parlare di valori progressisti. La qual cosa non sembra turbare gli elettori più di tanto: Piattaforma Civica di Donald Tusk nei sondaggi continua a rosicchiare qualcosa ai suoi alleati, soprattutto a quelli dell’ala sinistra.



La sinistra in Slovacchia

Il risultato delle elezioni in Slovacchia nel 2023 (arco grande) rispetto a quello del 2020 (arco piccolo). In rosso e viola i due partiti nominalmente socialdemocratici, in rosa i liberali di Slovacchia progressista. Immagine e dati di Politico.eu

In Slovacchia, Robert Fico ha vinto le elezioni concludendo una legislatura che era nata con le sue dimissioni e un suo scampato arresto alla fine di un periodo nel quale Fico e il suo partito subivano continue accuse di corruzione ed erano seriamente sospettati di avere avuto un ruolo nell'omicidio del giornalista investigativo Jan Kuciak e della sua fidanzata Martina Kušnírová.

A vincere le precedenti elezioni era stato il partito Ol'Ano, una piattaforma nata sulla base di parole d'ordine contro la corruzione ma che poi si è rivelata incapace di governare il Paese e ha deluso profondamente il corpo elettorale.

Fico ne ha approfittato per preparare la sua resurrezione politica, prima si è tenuto un po’ in disparte e poi e ha cavalcato tutte le battaglie anti-sistema degli ultimi anni, prima sostenendo il movimento no-vax e poi soffiando sul fuoco del sentimento antiucraino dopo l'invasione russa.

Fico guida un partito che si chiama Smer-SD dove la sigla finale sta per socialdemocrazia e ha fatto parte fino a poco tempo fa della famiglia dei socialisti europei da cui però è stato recentemente escluso. Oggi guida un governo assieme agli ex-separatisti del suo partito, Hlas-SD, e soprattutto assieme all’Sns, il partito nazionale slovacco pronto a entrare nel gruppo europeo dei Patrioti con, tra gli altri, Fidesz, la Lega e gli spagnoli di Vox.

Nonostante la socialdemocrazia nel nome, la retorica di Fico è sempre più improntata al manuale dell'alt-right di scuola orbaniano-trumpiana: il conflitto tra sedicenti élite liberali e altrettanto sedicenti masse popolari messe in pericolo dalle minacce del gender e delle persone migranti.

Il premier slovacco in politica interna si è speso soprattutto per proteggere sé stesso e i suoi alleati dai processi per corruzione e criminalità organizzata, e per mettere sotto il controllo governativo la TV pubblica. L'unica norma economica ridistributiva arrivata dal governo di Bratislava è l'aumento dell'iva sui libri giustificata sostenendo che essi siano prodotti di lusso comprati più spesso dalle classi agiate, informazione per altro smentita dalla locale associazione degli editori.

In politica estera, Fico ha portato avanti la retorica filorussa negando il consenso del suo partito e quindi del suo governo all'ingresso dell'Ucraina nella Nato ritenendolo un atto aggressivo e contrario alla pace.

Per quanto riguarda i diritti delle donne o delle persone Lgbt+, il retroterra culturale slovacco è fortemente legato a valori cattolici e rurali e nemmeno i partiti liberali oggi all'opposizione hanno la forza per proporre dei cambiamenti significativi in quella direzione.


Quindi dov’è la sinistra in Europa centrale?

Una foto da una delle proteste femministe per l’aborto in Polonia nel 2020. La sinistra polacca extraparlamentare può ripartire dalle piazze e dalle donne? Foto: Wikicommons.

Insomma, tanto in Polonia quanto in Slovacchia le istanze di sinistra sono molto disattese, qualunque sia l’idea che abbiamo oggi dei valori progressisti. Sia le persone che portano le spille arcobaleno che quelle che guardano a ripetizione Goodbye Lenin non troverebbero in queste esperienze politiche qualcosa che le rappresenti.

Allo stesso tempo, i due Paesi sono piuttosto diversi tra loro.

La Polonia, più grande, più ricca e con più città, sta producendo un segmento sociale ed elettorale che sicuramente esprime valori di sinistra: sono le persone più giovani, e soprattutto le giovani donne, che lottano per i diritti civili legati all’autodeterminazione dei propri corpi ma riconoscono anche le storture di un capitalismo troppo a briglia sciolta che rende loro impossibile l’accesso ai servizi di base come la casa, la sanità e la scuola pubblica.

Alle ultime elezioni, le giovani donne polacche hanno votato in grande maggioranza per Piattaforma Civica di Donald Tusk e in parte per Sinistra (Lewica). Dopo questo anno di governo deludente, dove indirizzeranno le proprie energie? Saranno ancora più agguerrite o totalmente disilluse dalla capacità di cambiare le cose? Probabilmente torneranno a riorganizzarsi in piazza.

Di sicuro, ci vorrà ancora molto tempo prima che in Polonia un partito che si dichiari di sinistra possa avere numeri consistenti in parlamento. Le generazioni che hanno vissuto anche solo pochi anni nella Polonia comunista o hanno raggiunto il benessere, e quindi disprezzano l’intervento statale, o non lo hanno raggiunto e quindi incolpano le élite liberali. Tertium non datur.

In Slovacchia la situazione è tanto diversa che un partito con la socialdemocrazia nel nome (per quanto sia solo nel nome) vince le elezioni e governa. Probabilmente perché riporta nelle sue parole d’ordine a un passato forse più povero, ma più rassicurante e tutelato rispetto a un Occidente visto come ricco quanto turbolento, aggressivo e multietnico.

I giovani di Bratislava votano in maggioranza i liberali centristi, che aprono ai diritti civili tanto quanto al libero mercato. Una sinistra che parli tanto di aborto quanto di diritto alla casa qui non è contemplata, forse anche perché al momento non è necessaria.

Nell’autunno del 2023, guardando Polonia e Slovacchia dall’occidente, a qualcuno era sembrato di vedere il famoso spettro che si aggira per l’Europa. Oggi possiamo dire che, nel migliore dei casi, era un pallido miraggio.

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